Mercoledì 9 giugno la Commissione europea ha annunciato l’avvio di una procedura d’infrazione contro la Germania. Nel comunicato ufficiale si legge: “La Commissione ha deciso oggi di inviare una lettera di costituzione in mora alla Germania per violazione dei principi fondamentali del diritto dell'UE, in particolare dei principi di autonomia, primato, efficacia e applicazione uniforme del diritto dell'Unione, nonché del rispetto della competenza della Corte di giustizia dell'UE ai sensi dell'articolo 267 TFUE. Il 5 maggio 2020 la Corte costituzionale federale tedesca ha emesso una sentenza sul Programma di acquisto del settore pubblico (PSPP) della Banca centrale europea (BCE) in cui lo dichiarava "ultra vires", perché esulava dall'ambito delle proprie competenze. Nella stessa sentenza la Corte costituzionale tedesca dichiarava inoltre "ultra vires" una sentenza della Corte di giustizia ("Heinrich Weiss e altri") senza deferire la questione alla Corte di giustizia. Di conseguenza, il BVerfG ha privato una sentenza della Corte di giustizia dell'UE dei suoi effetti giuridici in Germania, violando il principio del primato del diritto dell'UE. Questo è il motivo per cui è stata ora avviata la procedura di infrazione. Con ordinanza del 29 aprile 2021, la Corte costituzionale tedesca ha respinto due domande dirette a ottenere un'ordinanza di esecuzione della sentenza del 5 maggio 2020. L'ordinanza del 29 aprile 2021 della Corte costituzionale tedesca non annulla, tuttavia, le violazioni riguardanti il principio del primato del diritto dell'Unione. La Commissione ritiene che la sentenza della Corte costituzionale tedesca costituisca un grave precedente, sia per la futura prassi della Corte costituzionale tedesca stessa, sia per le corti supreme e costituzionali di altri Stati membri. La Germania dispone ora di due mesi per rispondere ai rilievi espressi dalla Commissione.”

Si tratta di una nuova puntata della terza stagione della ben nota serie “Karlsruhe e l’Unione Europea” già commentata su questo blog.
Chi aveva dunque pensato che con l’ordinanza del 29 aprile riferita nel comunicato si fosse chiusa una “guerra tra Corti”, non aveva tenuto conto del fatto che, dietro l’apparente pragmatismo che metteva fine alla causa Weiss-PSPP, si nascondeva la riaffermazione, in diverse altre ordinanze, del potere del Tribunale costituzionale federale tedesco di pronunciarsi in ultima istanza sul rispetto delle competenze dell’Unione da parte delle sue Istituzioni e, addirittura, di dichiarare illegittima una sentenza della Corte di giustizia (c.d. ultra vires).

Nella sostanza la mossa della Commissione non è una sorpresa. Chi scrive aveva già messo in evidenza, subito dopo la sua pubblicazione, i numerosi profili di violazione dei Trattati UE da parte del Tribunale costituzionale federale tedesco con la sua sentenza Weiss del maggio 2020, che sono anche più numerosi rispetto a quelli menzionati nel comunicato della Commissione (v. D.-U. Galetta e J. Ziller, Karlsruhe über alles? Riflessioni a margine di una pronunzia «assolutamente non comprensibile» e «arbitraria». Commento a BVerfG 05.05.2020,2 BvR 859/15, Weiss, in RIDPC, 3-4/2020, pp. 301-347; D.-U. Galetta e J. Ziller, The Bundesverfassungsgericht’s Glaring and Deliberate Breaches of EU Law Based on ‘Unintelligible’ and ‘Arbitrary’ Grounds, in European Public Law 27, 2021/1, pp. 63–102).
L’ingiunzione del Tribunale costituzionale federale tedesco alla Bundesbank rappresenta – già lo si era detto – una manifesta violazione dell’art. 130 TFUE che garantisce l’indipendenza non solo della Banca Centrale Europea, ma anche delle Banche centrali membri del SEBC, nonché dell’art. 14 par. 3 del protocollo 4 sullo statuto della BCE e del SEBC, ai sensi del quale “Le banche centrali nazionali costituiscono parte integrante del SEBC e agiscono secondo gli indirizzi e le istruzioni della BCE. Il consiglio direttivo adotta le misure necessarie per assicurare l'osservanza degli indirizzi e delle istruzioni della BCE, richiedendo che gli venga fornita ogni necessaria informazione.”
Era stata messa in evidenza anche la violazione dell’art. 35 dello stesso protocollo sul controllo giurisdizionale, auspicando l’apertura di una procedura d’ingiunzione: poiché, anche se l'ingiunzione contro la Bundesbank e la privazione degli effetti delle decisioni della BCE sul territorio della Repubblica federale di Germania alla fine non si fosse concretizzata, le violazioni del diritto dell'UE derivanti dalla sentenza del 5 maggio 2020 non sarebbero comunque venute meno.

Sicché, già allora pareva evidente a chi scrive come la questione dell'avvio di una procedura d'infrazione necessariamente si ponesse. Anche se risultava altrettanto ovvio che la scelta di avviare o meno una procedura di infrazione, così come le scelte successive (sul cosa e come) durante le fasi di precontenzioso e contenzioso, ricadevano nell’ambito di scelta discrezionale proprio della Commissione, indipendentemente anche dall’adozione di un eventuale risoluzione del Parlamento europeo in tal senso.
Come è in ogni caso noto, l'interrogazione da parte di un eurodeputato aveva portato ad una dichiarazione del presidente della Commissione Europea, il 10 maggio 2020, secondo la quale i prossimi passi "possono includere l'opzione di una procedura d'infrazione"; ma aveva anche condotto ad un'audizione di esperti organizzata il 14 luglio 2020 dalle sue commissioni affari costituzionali e affari giuridici.
Nel frattempo, anche altri si sono pronunciati a favore dell’apertura di una procedura d’infrazione: tra cui gli autori di uno studio commissionato dalla Commissione Affari costituzionali del Parlamento europeo, intitolato “Primacy's Twilight? On the Legal Consequences of the Ruling of the Federal Constitutional Court of 5 May 2020 for the Primacy of EU Law”, pubblicato il 27 Aprile 2021.

La decisione di aprire o meno una procedura d’infrazione contro uno Stato membro sulla base dell’art. 258 TFUE è – come si è detto – un atto discrezionale della Commissione. Infatti, essa aveva omesso di aprire una tale procedura dopo le sentenze della Corte costituzionale ceca del 2012 nella causa Holubec e della Corte suprema danese del 2016 nella causa Ajos, che avevano rifiutato di applicare rilevanti sentenze della Corte di Giustizia UE rese su rinvio pregiudiziale. In altri casi tuttavia – pur meno gravi nella sostanza perché non si trattava di un rifiuto esplicito di applicare una previa sentenza della Corte – la Commissione non aveva esitato a procedere con una procedura d’infrazione contro uno Stato membro per via di sentenze o giurisprudenze di una Corte suprema. Come quella contro la Francia, per le pronunzie del suo Conseil d’Etat, che condusse alla sentenza Commissione c. Francia, C416/17 del 4 ottobre 2018. O come quella contro l’Italia per la giurisprudenza della sua Corte suprema di cassazione, Commissione c. Italia, C-379/10 del 24 novembre 2011.
Era quindi difficilmente praticabile per la Commissione, date le specifiche circostanze, astenersi qui dall’avvio di qualsiasi procedura contro la Germania, vista la gravità delle violazioni del diritto dell’Unione imputabili al Tribunale costituzionale federale.

Non è detto, tuttavia, che la procedura di infrazione avviata il 9 giugno conduca ad un rinvio alla Corte di Giustizia; e, quindi, a quello che verrebbe di sicuro qualificato come una “guerra delle Corti”.
Ci vorranno comunque almeno altri due mesi prima che la Commissione UE decida, dopo le osservazioni del Governo tedesco in risposta alla sua lettera di costituzione in mora, se procedere o meno con l’emissione di un parere motivato che dovrà indicare in dettaglio cosa la Commissione chiede alla Germania, e fissare un termine entro il quale il Governo tedesco dovrà rispondere.

Come da noi auspicato nelle note a suo tempo pubblicate a commento della sentenza Weiss, la lettera di costituzione in mora non potrà che riaprire, nelle istituzioni federali tedesche e nella dottrina, il dibattito sulle implicazioni del dovere di leale collaborazione. Un dibattito che potrebbe gradualmente portare ad un adeguamento della “dottrina” del BVerfG.
Un’eventuale fase contenziosa sarebbe invece l’occasione per i Governi degli altri Stati membri di sottoporre eventuali interventi o osservazioni.
La lunghezza intrinseca di una procedura d'infrazione e, soprattutto, le varie fasi che precedono un parere motivato, tolgono anche forza all'argomento che una tale procedura possa gettare benzina sul fuoco. Infatti, in caso di mancato avvio di una procedura d'infrazione, i giudici dello Zweiter Senat del BVerfG avrebbero potuto sentirsi rafforzati nella loro pretesa di avere il potere di controllare l'applicazione del principio di attribuzione all'interno dei propri parametri; e le istituzioni e i cittadini tedeschi cittadini avrebbero potuto convincersi che l'argomento del BVerfG in questa materia fosse non solo ammissibile, ma anche condiviso da altre Corti supreme nazionali: con tutti i pericoli che ciò avrebbe implicato per l'applicazione uniforme del diritto UE.
Infine, questa sarebbe probabilmente anche l’occasione per il governo francese di chiarire la propria posizione: visto l’”incidente di percorso” che lo ha condotto, di recente,  a chiedere al Conseil d’Etat di procedere anch’esso ad un controllo dell’ultra vires. Mentre il Conseil d’Etat ha invece chiaramente indicato che non spetta ai giudici nazionali controllare la conformità delle decisioni della Corte di giustizia con il diritto dell’Unione.