L’Italia ha finora conseguito tutti gli obiettivi previsti dal PNRR per le prime due rate. Dal punto di vista delle risorse già acquisite, ha ricevuto 66,9 miliardi di euro, di cui 24,9 miliardi a titolo di prefinanziamento e 42 miliardi a rimborso della prima e seconda domanda di pagamento.
A gennaio il Governo ha chiesto alla Commissione europea il pagamento della rata legata al raggiungimento degli obiettivi previsti per dicembre 2022, nonostante dei ritardi rilevati nel completamento delle condizioni legate ad alcuni interventi. Se dovesse essere giudicata soddisfacente anche l’attuazione dei 55 obiettivi previsti per la terza rata, l’Italia avrebbe conseguito 151 obiettivi sul totale dei 527 previsti dal PNRR fino al 2026.
Nel 2023 gli obiettivi da conseguire sono in totale 96, di cui 27 nel I semestre e 69 nel II semestre. Per il I semestre 2023 sono previste 27 condizioni, di cui 19 riferite a investimenti e 8 a riforme, al cui raggiungimento è condizionato il pagamento della quarta rata da 16 miliardi di euro. Come indicato nella Nadef 2022, il Governo ha previsto di spendere quasi 41 miliardi quest’anno.
Ammontano adesso a 12 gli obiettivi da centrare a fine marzo e altri 15 a fine giugno per ottenere la quarta rata di finanziamenti da 18,4 miliardi. Da qui parte il lavoro del Governo per centrare gli obiettivi del primo semestre del 2023, operazione che si intreccia con la trattativa che il Ministro per gli Affari europei e il PNRR sta portando avanti con Bruxelles al fine di ridefinire l’assetto e alcuni contenuti specifici del Piano.
D’altro canto, il PNRR può essere interpretato come un atto di pianificazione generale, economico e istituzionale. Come ogni atto di programmazione, tuttavia, il PNRR deve fare i conti con una realtà che muta, fatti imprevisti e cambiamenti nel panorama politico nazionale e internazionale.
Dal punto di vista nazionale, le elezioni politiche del 25 settembre 2022 hanno segnato una forte discontinuità rispetto al Governo di unità nazionale di Mario Draghi, consegnando la maggioranza ad una coalizione guidata dal leader dell’unico partito all’opposizione del precedente Esecutivo. Il programma di governo risultava – almeno in parte – già scritto nel PNRR, ma la discontinuità si è espressa dapprima, nel DL n. 173 del 2022, con la nomina di una Autorità politica dedicata al PNRR (il Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR) e poi con profonde modifiche alla governance del Piano, operate con il DL n. 13 del 2023.
Il provvedimento aggiorna la governance del Piano alla luce dell’esperienza acquisita nella prima fase di attuazione, tenendo conto del fatto che nei prossimi anni si dovrà procedere in maniera più approfondita nell’attuazione degli investimenti rispetto alle riforme. Le innovazioni apportate dal DL riguardano, in particolare, le Unità di missione PNRR presso i Ministeri nonché le strutture di governo strategico e di presidio tecnico-operativo del Piano, istituite presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’economia. In generale, ne esce ulteriormente rafforzata la Presidenza del Consiglio, proseguendo un percorso che ha radici ormai lontane e legate alla stessa integrazione europea.
Dal punto di vista internazionale, la guerra scoppiata in Ucraina, ormai un anno or sono, ha causato difficoltà e perturbazioni del mercato energetico mondiale. L’Unione europea ha risposto a tali sfide con REPowerEU, non solo per favorire l'autonomia dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde, ma anche per affrontare la crescente “povertà energetica”. Del 27 febbraio 2023 è, infatti, il Reg. (UE) 2023/435 che modifica il Reg. (UE) 2021/241 per quanto riguarda l'inserimento di capitoli dedicati al piano REPowerEU nei PNRR.
Un nuovo banco di prova attende il Governo italiano, vale a dire l’interlocuzione con le Istituzioni europee per l’adeguamento del PNRR dopo l’approvazione del REPowerEU. Entro il 30 aprile 2023 gli Stati membri dovranno sottoporre all’UE i propri PNRR rivisti, con l’inclusione dei capitoli RePowerEu e di tutte le altre modifiche che si intendono apportare. Sebbene la scadenza legale per presentare i piani modificati sia fissata al 31 agosto 2023, gli Stati sono incoraggiati a farlo prima. La fine del 2023 è invece la scadenza per impegnare i prestiti e il 30% dei trasferimenti non ancora impegnati.
A tale innovazione se ne accompagnano altre, legate al controllo del conseguimento delle milestone previste nei PNRR e a possibili conseguimenti parziali: si è registrato il primo caso di conseguimento parziale delle milestones, nell’ambito della prima rata della Lituania. Come spiega la stessa Commissione, due milestones relative alla tassazione non sono state raggiunte in modo soddisfacente e si è dunque deciso di attivare la procedura di “sospensione del pagamento”, come previsto dall'art. 24, par. 6, del regolamento RRF. Come spiegato nella comunicazione pubblicata il 21 febbraio, tale procedura concede agli Stati più tempo per raggiungere i traguardi in sospeso, ricevendo al contempo un pagamento parziale legato ai traguardi raggiunti in modo soddisfacente.
Quanto all’attuazione italiana del PNRR, decisivi passaggi riformatori sono stati compiuti e di altrettanto decisivi si è ora in attesa.
Da una parte è stata attuata nei tempi – entro il 31 dicembre 2022 – quantomeno relativamente agli impegni PNRR, la (prima) riforma della concorrenza. La legge è stata approvata (l. n. 118 del 2022), così come gli atti attuativi previsti dal Piano: in particolare, le deleghe in materia di servizi pubblici locali e quella in tema di vigilanza del mercato. Quest’ultima è stata attuata con il d.lgs. n. 157 del 2022, mentre l’importante delega sui servizi pubblici locali è stata attuata con il d.lgs. n. 201 del 2022.
Allo stesso tempo, si può segnalare che non è ancora stata presentata la legge annuale sul mercato e la concorrenza del 2022, che dovrà essere approvata – insieme a tutti gli eventuali strumenti attuativi e di diritto derivato – entro il 31 dicembre 2023. Pertanto, si può ritenere che vi sia un certo ritardo nella presentazione del disegno di legge, considerando che il precedente, il cui iter attuativo si è concluso a fine 2022, era stato presentato il 3 dicembre 2021 ed è stato approvato definitivamente dal Parlamento il 2 agosto 2022.
Verso il completamento anche la riforma del Codice dei contratti pubblici. Qui il PNRR ha previsto scadenze scaglionate nel tempo: approvazione della legge delega entro la fine del 2022, entrata in vigore dei relativi decreti legislativi entro il 30 marzo 2023, mentre per la predisposizione di tutti gli atti attuativi sono disponibili solo ulteriori tre mesi (cadenzamento che sembra aver meglio funzionato rispetto all’unico termine previsto per la concorrenza). In sostanza, si prevede l’introduzione di un nuovo Codice che provveda a un riordino organico e complessivo della materia. Il Parlamento ha affidato il compito al Governo tramite la legge delega n. 78 del 2022 e lo schema di decreto legislativo, redatto dal Consiglio di Stato, è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri il 16 dicembre 2022, poi trasmesso alla Conferenza Unificata e al Parlamento.
In questo contesto, col via libera al nuovo Codice si potrebbe creare il rischio di un “cortocircuito” proprio sugli appalti PNRR. La stabilità del quadro normativo è un fattore indispensabile e lo è, a maggior ragione, in vista dell’attuazione del Piano. Si è dunque da più parti avanzata l’ipotesi di proporre all’UE un ragionevole slittamento dell’entrata in vigore del nuovo Codice, per evitare che ciò possa bloccare il sistema di gare e aggiudicazioni.
Si tratta di aspetti su cui porre estrema attenzione, anche considerando l’architettura del PNRR, il quale prevede riforme e investimenti finalizzati ad obiettivi quantitativi precisi. In tema di contratti pubblici, ad esempio (ma outcome ancora più ambiziosi sono fissati, ad esempio, nel settore della giustizia), il Piano prevede, già entro la fine del 2023, la riduzione di almeno il 15% del tempo medio tra l’aggiudicazione dell’appalto e la realizzazione dell’infrastruttura.
Nondimeno, oltre all’attenzione alle riforme in cantiere, un altro aspetto del Piano che può essere posto in risalto è la stabilità delle riforme già approvate. Osservare il controllo su tale stabilità, peraltro, permette allo stesso tempo di dimostrare il carattere euro-nazionale dell’intero procedimento e il nuovo “metodo di governo” che i PNRR comportano. Questi ultimi rappresentano infatti un “autovincolo” al programma degli Esecutivi che si succederanno fino al 2026. In particolare, in materia di riforme, la clausola di non reversibilità (art. 24, par. 3, del Reg. 2021/241) non consente di tornare indietro rispetto a quelle già approvate.
Emblematico, in proposito, quanto avvenuto durante la discussione sulla legge di bilancio per il 2023, che mostra, da un lato, come le riforme approvate in attuazione del PNRR non siano modificabili e, dall’altro, come funzioni il procedimento euro-nazionale attuativo del Piano, con la Commissione UE che conduce un’interlocuzione con le istituzioni nazionali durante l’esame di norme che potrebbero impattare sulla clausola di non reversibilità.
Ci si riferisce, in particolare, al caso della disposizione sui pagamenti elettronici, che è stata dapprima inserita nel disegno di legge di bilancio e poi, all’esito dell’interlocuzione con la Commissione, rimossa nel corso dell’approvazione parlamentare. L’Italia aveva in precedenza dichiarato (ve n’è traccia nella valutazione preliminare della Commissione di settembre 2022), per la rata del 30 giugno 2022, che tra le misure attuative della milestone (M1C1-103) vi fossero i DL nn. 36 del 2022 e 152 del 2021, che avevano introdotto sanzioni amministrative per i fornitori che rifiutano di accettare pagamenti elettronici, a partire dal 30 giugno 2022. La soppressione di tali previsioni sarebbe stata interpretata dalla Commissione UE come una modifica di riforme PNRR già conseguite; al contrario, l’obiettivo del Piano è che le riforme vengano non solo approvate, ma anche preservate nel tempo.
In definitiva, emerge un quadro complesso, denso di sfide (e opportunità) già nel 2023, per il quale si hanno potenzialmente gli strumenti per raggiungere gli obiettivi prefissati (o per modificare quelli irrealistici). Senza dubbio, tuttavia, rimane difficile tornare indietro rispetto alle riforme previste nel PNRR, così come tentare di modificarne la programmazione. E, probabilmente, non converrebbe, sia in termini di crescita economica sia poiché è solo tramite la diligente attuazione del Piano che l’Italia potrà avere la credibilità necessaria in vista della decisiva partita della riforma del Patto di Stabilità e Crescita.
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