PRESENTAZIONE DEL PROGETTO

Una serie di fenomeni sta mettendo in crisi la tradizionale costruzione europea: il processo europeo è andato talmente avanti che è oggi necessario fare il punto su alcuni passaggi cruciali per verificare quale possa essere la direzione da seguire per portare avanti e in che modo la costruzione europea.
Lo scopo del progetto è comprendere le prospettive del processo di integrazione attraverso un’analisi dei suoi aspetti fondanti e problematici, così da fornire ipotesi realistiche di riforma e migliorare lo stato della conoscenza sul processo di integrazione.
Si è scelto di seguire alcuni principali profili di ricerca: il tema di “identità e valori”, chiedendosi cosa accomuni oggi i popoli europei, così da poter verificare l’esistenza e la resistenza di principi costituzionali comuni; un secondo profilo riguarda la politica economica e sociale, e parte dall’assunto che oggi l’UE ha solo una politica monetaria comune e nessuna caratteristica di stato sociale; il terzo concerne l’assetto territoriale, tramite il quale occuparsi del fenomeno migratorio, di Brexit, dell’equilibrio tra identità nazionali e spinte autonomistiche, dell’area Euro e delle istituzioni che la regolano. Tutti questi profili sono finalizzati a ipotesi di riforme congrue e adeguate delle istituzioni europee.

ABSTRACT DEL PROGETTO

Una serie di fenomeni sta mettendo in crisi la tradizionale costruzione europea, basata sulla originale concezione funzionalista: il processo europeo è andato talmente avanti che è oggi necessario fare il punto su alcuni passaggi cruciali per verificare quale possa essere la direzione da seguire per portare avanti e in che modo la costruzione europea.
Lo scopo di questo progetto è quello di comprendere le prospettive reali del processo di integrazione attraverso un’analisi scientifica di quelli che sono allo stesso tempo i suoi aspetti fondanti e problematici, e a cui fanno capo i profili di ricerca che sono stati individuati in vista del conseguimento degli obiettivi del progetto.
Il primo profilo parte dall’assunto per cui c’è nel costrutto europeo un problema di identità e valori: che cosa accomuna oggi i popoli europei? C’è un’identità comune? Ci sono tradizioni costituzionali comuni? C'è una medesima concezione di democrazia? Ci sono principi costituzionali e legislativi comuni?
In secondo luogo, le democrazie europee sono oramai tutte democrazie sociali, ma l’Unione europea, pur aspirando ad una consistenza costituzionale di tipo statale, non ha nessuna caratteristica di stato sociale. Non ha una politica economica comune, non ha una politica sociale comune; ha solo una politica monetaria comune. Come si risolve questa contraddizione?
Sotto il profilo dell’assetto territoriale, è necessario fronteggiare tre questioni fondamentali: offrire adeguate istituzioni all’area Euro; affrontare Brexit, con tutte le sue implicazioni; trovare un equilibrio fra rispetto delle identità nazionali e spinte autonomistiche (Catalogna, Scozia, Corsica, Süd-Tirol).
Tali profili saranno esaminati avendo di mira il tema delle istituzioni europee, che si sono modificate sulle base di continue superfetazioni, trovando una sistemazione significativa nel Trattato di Lisbona: di fronte al rincorrersi delle crisi, sarà necessario ripensare l’assetto istituzionale, operando con riforme adeguate, che la ricerca si propone di individuare.
L’intento della ricerca è quella di affrontare i temi illustrati in uno spirito di complementarità e multidisciplinarità, valorizzando i punti di forza del progetto che riguardano, oltre alla sua validità scientifica, l’autorevolezza dei suoi componenti e la diversità dei settori scientifici disciplinari da essi coperti, garantendo in tal modo una lettura a 360 gradi dei fenomeni oggetto dell’indagine. Nell’ambito di quella che vuole essere un’analisi innanzitutto giuridica, sono infatti coinvolti giuristi con specializzazioni diverse (costituzionalisti, studiosi di diritto europeo, comparatisti, internazionalisti, amministrativisti, tributaristi, giuslavoristi, e altri) ma anche studiosi che provengono da altre discipline in relazione ai temi da trattare (filosofi della politica nell’unità che si occupa di valori comuni, economisti nell’unità che studia le politiche economiche e sociali ed in quella sulle istituzioni, sociologi nel gruppo di studio sul territorio).
Grazie alla previsione di numerosi contratti, la ricerca prevede il reclutamento ed il coinvolgimento di giovani ricercatori che avranno la possibilità di inserirsi nelle unità di lavoro godendo così del confronto con le competenze dei proponenti il progetto e potendo usufruire di un’importante occasione per migliorare e proseguire la propria esperienza accademica.
L’impatto che si intende ottenere, attraverso il raggiungimento degli obiettivi proposti, riguarda la formulazione di proposte operative funzionanti sullo sviluppo del processo di integrazione, così da fornire al contempo al resto della comunità scientifica e agli attori politici una concreta base di partenza per le loro riflessioni.
Per realizzare tali obiettivi si porrà particolare attenzione alla diffusione dei risultati della ricerca, sia nei suoi step intermedi che nei suoi prodotti finali, attraverso pubblicazioni, seminari e convegni e piattaforme web (organizzate anche grazie alla collaborazione con la rivista scientifica federalismi.it) che consentano la fruizione gratuita dei contenuti della ricerca.

DESCRIZIONE DEL PROGETTO

1. Una serie di fenomeni sta mettendo in crisi la tradizionale costruzione europea, basata sulla originale concezione funzionalista: il processo europeo è andato talmente avanti che è oggi necessario fare il punto su alcuni passaggi cruciali per verificare quale possa essere la direzione da seguire per portare avanti e in che modo la costruzione europea.
Lo scopo di questo progetto è quello di comprendere le prospettive reali del processo di integrazione attraverso un’analisi scientifica di quelli che sono allo stesso tempo i suoi aspetti fondanti e problematici.
C'è innanzitutto un problema di identità e valori: che cosa accomuna i popoli europei? C’è un’identità comune? Ci sono tradizioni comuni? C'è una medesima concezione di democrazia? Ci sono principi costituzionali e legislativi comuni?
In secondo luogo, le democrazie europee sono oramai tutte democrazie sociali, ma l’Unione europea, pur aspirando ad una consistenza costituzionale di tipo statale, non ha nessuna caratteristica di stato sociale. Non ha una politica economica comune, non ha una politica sociale comune; ha solo una politica monetaria comune. Come si risolve questa contraddizione?
Sotto il profilo dell’assetto territoriale, è necessario fronteggiare tre questioni fondamentali: offrire adeguate istituzioni all’area Euro; affrontare Brexit, con tutte le sue implicazioni; trovare un equilibrio fra rispetto delle identità nazionali e spinte autonomistiche (Catalogna, Scozia, Corsica, Süd-Tirol).
Tali profili saranno esaminati avendo di mira il tema delle istituzioni europee, che si sono modificate sulle base di continue superfetazioni, trovando una sistemazione significativa nel Trattato di Lisbona: di fronte al rincorrersi delle crisi, sarà necessario ripensare l’assetto istituzionale, operando con riforme adeguate, che la ricerca si propone di individuare
L’obiettivo ultimo è di prendere in considerazione e valutare le possibili traiettorie del percorso di integrazione europea dei prossimi anni. La riflessione vuole condurre a ipotizzare proposte di modifica dei trattati europei, fornendo alla comunità scientifica e ai decisori politici una “piattaforma” sulla quale ulteriormente e meglio costruire soluzioni operative capaci di affrontare i punti che l'indagine multidisciplinare condotta avrà identificato come particolarmente critici. 

2. La sensazione che l’Unione europea sia ancora letta esclusivamente o prevalentemente con la lente del dato economico è innegabile; tuttavia la costruzione del peculiare federalizing process europeo passa soprattutto attraverso un’armonizzazione dei principi costituzionali che sono alla base del patto tra gli Stati membri. Accanto agli studi sulle riforme istituzionali, del sistema delle fonti, della governance economica è necessario porre l’attenzione su principi e valori costituzionali a fondamento dell’Unione, specie in considerazione del fatto che il processo di federalizzazione e costituzionalizzazione è entrato in una nuova fase dopo la crisi economica e a seguito di eventi che hanno messo in questione gli assetti consolidati a Lisbona.
In primo luogo, l’indagine si deve incentrare sullo studio degli attuali valori comuni e sul complesso dei principi e valori menzionati negli artt. 2-3 e 6 TUE, nella misura in cui consentono ancora di definire l’identità costituzionale europea. È ancora valida l’idea di un’identità europea plurale? Un’identità molteplice (multiple demoi) di un’Europa che trae dalla propria diversità la sua ricchezza? Ciò significa chiedersi se la democrazia, la tutela dello stato di diritto, l’equità sociale e la tolleranza fra popoli possano essere ancora intesi come valori trasversali che sostanziano lo status della cittadinanza europea. L’indagine è volta a capire cosa accomuna oggi i popoli europei, se c’è ancora un’identità e se sopravvivono tradizioni costituzionali comuni: è ancora possibile un’idea condivisa e unitaria di democrazia e di Stato di diritto? È inoltre opportuno interrogarsi sulla dialettica “omogeneità europea-identità nazionali” come fondamento del processo di costituzionalizzazione europeo sulla base del processo di integrazione tra i Trattati, da un lato, e le Costituzioni degli Stati dall’altro. Il riferimento al principio di omogeneità costituzionale europeo e alle relative procedure sanzionatorie (art. 7 TUE) è stato, a vario titolo e con diverse implicazioni o giustificazioni, evocato nei casi Austria, Ungheria e Polonia con la prima attivazione della procedura ex art. 7 TUE. Eventi simili contribuiscono a dare una diversa consistenza alla sfera pubblica europea, nel suo concreto atteggiarsi come sfera pubblica priva di un demos unitario ovvero caratterizzata da una molteplicità di demoi di riferimento. Se è vero che il processo di formazione di una comunità politicamente costituita e di una corrispondente sfera pubblica va immaginato come un processo circolare, anche nel dibattito che accompagna le elezioni che si vanno svolgendo nei singoli Stati il dato nuovo e comune è rappresentato proprio da un’inedita apertura delle arene nazionali e da un confronto che si sviluppa nelle più diverse istanze, formali e informali. Bisogna capire se ad oggi la protezione delle singole identità nazionali trovi un limite nella clausola di omogeneità europea, che invece definisce una comune identità costituzionale cui gli stati non possono derogare. Rispetto a ciò, la giurisprudenza della Corte di Giustizia ha identificato un nucleo duro dell’ordinamento costituzionale europeo che viene protetto e tutelato al di sopra della protezione delle singole identità nazionali, operando nello stesso modo in cui le Corti nazionali si atteggiano sul rispetto delle identità costituzionali nazionali. Si può ipotizzare, sul punto, che l’equilibrio tra unità e diversità sia oggi spostato a vantaggio della differenziazione e che l’integrazione europea sia avviata verso un costituzionalismo asimmetrico. In merito ai valori, l’art. 2 TUE fa riferimento a democrazia, stato di diritto, diritti umani, dignità, tutela delle minoranze: essi presentano numerosi profili problematici e bisogna comprenderne gli eventuali limiti nell’ambito del processo di costituzionalizzazione.
A titolo esemplificativo, seguono alcuni ambiti che saranno toccati in questo settore:
-      principi di struttura e valoriali che identificano una clausola di omogeneità costituzionale nella UE;
-      fattispecie in cui è stata evocata l’applicazione dell’art. 7 TUE (Austria, Ungheria e Polonia);
-      strumenti alternativi alla soluzione di extrema ratio rappresentata dall’art. 7 TUE;
-      impatto che la crisi economico-finanziaria ha avuto e sta avendo sul grado di omogeneità in fatto e sul grado di ‘torsione’ degli stessi principi giuridici di struttura all’interno dell’Unione, nonché sugli sviluppi e i limiti della integrazione differenziata;
-      ruolo della giurisprudenza delle Corti nazionali in rapporto alla Corte di Giustizia.
L’ultimo ciclo elettorale nei vari Paesi ha già costituito uno spartiacque fondamentale per il modo in cui la “comunità” UE dimostrerà di saper affrontare non solo i nodi della crisi, ma la sua stessa identità costituzionale e la sua collocazione geopolitica nello scacchiere della globalizzazione. Di fronte alla rinnovata sfida dei populismi e nazionalismi occorre che la “nuova” comunità europea risponda con un rinnovato contratto sociale con i cittadini, capace di dare espressione compiuta e visibile ad un “momento costituzionale” che si rende necessario nel Continente dopo la crisi economico-finanziaria. 

3. Dopo l’iniziale impasse derivante dalla mancata approvazione del Trattato costituzionale nel 2004, il Trattato di Lisbona non è stato in grado di espiare il peccato originale già presente nel Trattato di Maastricht: un Mercato unico e una Moneta unica, privi però di comuni politiche di sviluppo economico e sociale. Il TUE, infatti, ha realizzato una prima concreta struttura istituzionale e giuridica per una governance europea dell’economia soprattutto attraverso un coordinamento delle politiche di spesa e l’istituzione di una moneta europea governata da una Banca centrale, all’interno dei limiti al debito e alla spesa pubblica. Già dopo Maastricht vi è chi ha individuato una “costituzione economica” europea che si andava gradualmente concretizzando, influenzando gli ordinamenti costituzionali degli Stati membri. Si trattava però di un’integrazione limitata all’ambito monetario, mentre la “costituzione economica” restava inattuata, in un difficile equilibrio tra sovranità statale e competenze europee, e offuscata da una faticosa armonia tra le esigenze politiche domestiche e il rispetto di regole economico-finanziarie.
Il mancato coordinamento tra Unione e Governi nazionali nella definizione delle scelte politiche e di spesa ha presto determinato l’incapacità da parte degli Stati di mantenere gli impegni e rispettare i parametri di Maastricht, rafforzati nel Patto di stabilità e crescita del 1997, determinando la fragilità delle economie nazionali. Il Trattato di Lisbona non pare aver mutato tale quadro e si è dimostrato inadeguato ad affrontare la crisi: non ha consentito l’adozione di misure di contrasto comuni che invece sono state prese in modo differente e caotico dagli Stati membri, ora da soli, ora attraverso strumenti più o meno connessi (ma al di fuori) all’ordinamento dell’Unione: si pensi all’Euro Plus Pact (23 membri), al Fiscal Compact (25 Stati parti) o all’ESM (17 Stati).
L’Europa non dispone dunque di generali e incisive politiche economiche comuni: il sopra descritto coordinamento europeo dell’economia sembra limitarsi a meri interventi in tema di bilancio e di politica monetaria, che hanno peraltro forti ripercussioni sul welfare all’interno degli Stati, danno poche risposte ai problemi concreti dell’economia (difficoltà dei produttori e dei lavoratori, economia globale, fenomeni migratori, ecc.) con l’effetto di aumentare il distacco tra Unione e cittadini, alimentando l’euroscetticismo.
In altri termini, si può partire dall’assunto secondo cui l’ordinamento europeo non può limitarsi a far rispettare i parametri di bilancio ma deve spingersi alla definizione di un comune piano di sviluppo economico, che includa un buon livello di protezione sociale.
La ricerca intende razionalizzare le esperienze degli ultimi 15 anni per ricostruire le basi di una diversa integrazione economico-finanziaria, capace di farsi carico di finalità politiche e sociali unitarie. Sotto questo aspetto si intende:
-      ricostruire le competenze di rilievo economico a vocazione sovranazionale, il cui mantenimento nella piena disponibilità statale rappresenta un ostacolo allo sviluppo di un’economia europea, coordinata da un governo europeo dell’economia. Allo sviluppo di un’economia comune deve seguire una protezione sociale europea, essendo i due ambiti interdipendenti, anche tenendo conto del fatto che il recente “pilastro europeo dei diritti sociali” non sembra al momento avere reale efficacia, rappresentando più una dichiarazione di intenti che non una misura concreta. Bisogna, infatti, dotare l’UE di strumenti adatti a gestire l’interdipendenza fra Stati e le sue conseguenze, soprattutto in ambito sociale (più flessibilità nella scelta delle politiche statali e, allo stesso tempo, politiche comuni). Oltre a ricostruire la normativa vigente, si porrà attenzione alla prassi e alla giurisprudenza che in molti settori (ad es. tributario e diritti sociali) sembrano apparire come le principali fonti vigenti; si ricostruirà la giurisprudenza delle Corti di alcuni Stati per individuare il bilanciamento fra principi costituzionali e incidenza sui diritti sociali derivante dai vincoli europei. L’intento è valutare se il processo di integrazione abbia inciso, e in che modo, sul godimento dei diritti sociali interni; se le Corti abbiano effettuato distinzioni fra i diritti, in base alla loro rilevanza e ai loro destinatari, anche attraverso una valutazione e un bilanciamento con la giurisprudenza della Corte di giustizia.
-      in una seconda fase, verificare, attraverso la sperimentazione di vari modelli e una riduzione dell’asimmetria tra ordinamenti, la possibilità di ridisegnare il ruolo delle Istituzioni europee in tali ambiti e nei rapporti con gli Stati e le Autonomie regionali, anche formulando concrete proposte di modifica dei Trattati, applicando i risultati della prima parte della ricerca. Si cercherà di comprendere cosa possa significare un’Europa più sociale: un rafforzamento delle politiche sociali europee e dello spazio di cittadinanza europea, dunque una centralizzazione delle decisioni sul welfare, così come si è verificato in federazioni come USA e Svizzera? Oppure, più limitatamente, un innalzamento degli standard sociali da parte dell’UE, senza però ridurre il ruolo degli Stati come mediatori sociali? O si intende la valorizzazione del ruolo degli enti locali e regionali come garanti dei diritti sociali e una loro riaggregazione in base a fattori culturali e identitari?
-      analizzare alcuni ambiti specifici (ad es. infanzia, istruzione e formazione, impiego) per puntualizzare ed integrare i risultati ottenuti tramite l’analisi giuridica generale.

4. Un ulteriore importante aspetto relativo agli sviluppi del processo di integrazione riguarda il territorio, il cui rapporto con l’Europa è stato al centro del dibattito culturale, filosofico e politico proprio della storia moderna. Nel corso dei secoli l’Europa ha conosciuto fasi alternate di unità e frammentazione, ma è sempre stata percepita come una realtà unitaria. Le fasi più drammatiche della frammentazione si sono chiuse, in una sorta di percorso circolare, con l’avvio del processo di integrazione. Territorio e territorialità sono da tempo categorie sottoposte a profonda trasformazione e attraversate da strategie di governance multilivello di cui l’Europa si sta appropriando. Da un lato, pare essersi deteriorato il nesso che lega le categorie tipiche del diritto costituzionale: sovranità-rappresentanza-territorio. Fattori esogeni (sovranazionali e internazionali) ed endogeni (infrastatali) rispetto agli ordinamenti nazionali, specie nell’area europea, stanno mettendo in discussione gli elementi tradizionalmente riconosciuti come costitutivi dello Stato. Per altro verso, il territorio e la territorialità stanno rivelando potenzialità ancora inespresse e implicazioni sociali su cui occorre riflettere dal punto di vista normativo e di policy.
La dottrina ha evidenziato i fattori che stanno alla base di questa interruzione: la non coincidenza tra i luoghi della politica e i luoghi della produzione del diritto; il conflitto tra la tendenza alla globalizzazione, tipica della forma mercato, e la tendenza alla territorialità, tipica della forma Stato. Al tempo stesso l’Europa ha messo in campo strategie che guardano ai territori come elementi dinamici attraverso cui radicare uno spirito di cittadinanza europea. Infine, il superamento di ogni confine territoriale è reso evidente anche dallo sforzo di costruire uno spazio pubblico veramente europeo. In questo, il web sta palesando l’emergere di una dimensione a-territoriale dell’esistenza degli individui e dei loro rapporti con l’autorità. Queste affermazioni racchiudono la complessità del progetto europeo e rafforzano l’idea che la sua riuscita passi per un delicato e continuo processo di mediazione e di ricerca di legami di solidarietà interni che transitano attraverso la territorializzazione dei processi di cui le componenti principali sono la volontà politica e la razionalità comunicativa.
L’Europa, il suo territorio e i suoi territori rappresentano senz’altro un laboratorio di studio per mettere alla prova le categorie della teoria generale, sotto una molteplicità di profili di ricerca. In primo luogo la problematica qualificazione del territorio europeo: “territorio” o “spazio comune”? “Spazi comuni” a seconda delle competenze? “Spazio mobile comune” che si dilata o restringe a seconda dei principi applicati?
Si rifletterà poi sul ritorno al localismo che si contrappone al tentativo di costruzione di uno spazio comune, sia in termini di fuoriuscita dall’Unione (Brexit), sia in termini di frontiere tra gli Stati membri (deroghe a Schengen e problemi suscitati dal fenomeno migratorio); sia in termini di istanze indipendentiste all’interno degli Stati membri (Catalogna, Scozia, Corsica).
Infine, uno dei più recenti approcci istituzionali che l’Europa ha messo in campo sono le strategie che mettono al centro i territori come elementi dinamici. Si intende dunque analizzare le politiche di coesione attraverso le quali l’UE si pone l’obiettivo di rafforzare la coesione economica e sociale mediante azioni territoriali, e le questioni regolative che esse pongono. 

5. Sotto il profilo delle istituzioni, alla cui definizione l’intero progetto è finalizzato, bisogna partire dall’osservazione per cui nel contesto di un’Unione chiamata ad affrontare sfide senza precedenti – dalle difficoltà economiche all’immigrazione, dal recesso di alcuni Stati alla conservazione dell’acquis Schengen – anche le istituzioni stanno vivendo processi di riforma diretti a migliorarne l’efficienza e la funzionalità. La Corte di giustizia, in primis, è coinvolta in un processo di riforma tuttora in corso, finalizzato ad offrire un miglior livello di giustizia per l’affermazione (in termini di effettività) dell’ordinamento dell’Unione e dei diritti dei suoi cittadini: le norme processuali sono state oggetto di un’importante revisione diretta a rendere maggiormente efficace l’esercizio del diritto di difesa dei soggetti dell’ordinamento europeo, attraverso regole funzionali ad un processo più veloce ed efficiente (il nuovo regolamento di procedura del Tribunale è entrato in vigore il 1/7/15 e quello della Corte il 1/12/12). La stessa struttura della giurisdizione dell’Unione è attualmente al centro di un processo di riforma di cui non è facile prevedere l’impatto e gli effetti sul contenzioso dell’UE: si pensi, innanzitutto, al regolamento (UE, Euratom) n.2015/2422, che ha sancito le tappe per il raddoppio del numero dei giudici del Tribunale e alla contestuale soppressione del Tribunale della Funzione Pubblica. Prospettive di evoluzione si affacciano anche per Parlamento e Commissione. Recentemente, in vista delle elezioni del P.E. del 2019, la Commissione ha pubblicato in data 14/2/18 una raccomandazione (2018/34) concernente il rafforzamento della natura europea e dell’efficienza nello svolgimento di tali elezioni, integrando taluni elementi della precedente raccomandazione 2013/142/UE, adottata per il voto del 2014. Da ricordare anche la Comunicazione della Commissione del 13/2/18, in cui essa si prefigge di esaminare concretamente alcune possibili riforme istituzionali per rendere le istituzioni europee più democratiche ed efficienti. Tale documento avvia la riflessione attorno a tre temi: il sistema di elezione del Presidente della Commissione, nella forma attuale come interpretato alla luce dell’art.17, par.7 TUE (il c.d. sistema dei “candidati principali” o “Spitzenkandidaten”); la composizione del Parlamento 2019-24, che risulterà necessario ridisegnare alla luce del problema dei 73 seggi britannici, prima delle elezioni e del completamento di Brexit; la composizione della Commissione, dovendo il Consiglio europeo decidere se dare applicazione all’art.17, par.5 TUE, ridefinendo il numero di Commissari al numero di due terzi del totale degli Stati membri.
Si rende dunque necessaria una seria ricerca e un’analisi dei processi di riforma istituzionale in corso, al fine di vagliarne i risultati in termini di trasparenza nonché l’impatto sull’ordinamento giuridico dell’Unione e dei suoi Stati membri


REALIZZAZIONE DEL PROGETTO E RUOLO DELLE UNITA' DI RICERCA

1. Al fine di raggiungere gli obiettivi illustrati nella descrizione del progetto, la ricerca è articolata in quattro unità, ognuna delle quali si concentrerà su un aspetto in particolare della ricerca, collaborando costantemente con le altre unità nei punti in cui i temi sono comuni, tangenti o complementari. Il lavoro delle unità è teso a studiare le nuove prospettive del processo d’integrazione a partire dai valori e le tradizioni costituzionali comuni (Roma), dall’esigenza di ridisegnare una politica economica e sociale comune (Bologna) e di dare un significato nuovo ai territori che compongono l’Unione (Torino) e dalla necessità di rinnovare le Istituzioni europee migliorandone il funzionamento e l’efficacia (Milano).
Le unità sono dunque articolate in base a questa divisione dei lavori, ma sono ben consapevoli di come i temi trattati siano suscettibili di attraversare trasversalmente l’organizzazione che si è voluta dare al progetto. Lo spirito in questo senso è quello della complementarità tra i lavori delle unità e la valorizzazione degli approcci diversi adottati da ciascuna di esse. Il fenomeno delle migrazioni, ad esempio, sarà affrontato da tutte le unità, essendo caratterizzato da aspetti che toccano i valori comuni, le risposte istituzionali, gli aspetti di protezione sociale e i legami con il territorio: è evidente come l’approccio alla materia sarà diverso a seconda dell’ottica da cui lo si guarda, così come è altrettanto evidente come i prodotti delle diverse speculazioni saranno interdipendenti e le eventuali proposte applicative non potranno che essere frutto di sintesi dei diversi fattori.

2. L’unità di Roma, in quanto unità del P.I., si occuperà innanzitutto del coordinamento generale del progetto, in stretto collegamento con l’unità di Milano. Si concentrerà sugli aspetti legati ai valori e alle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. In virtù di un simile tema, la scelta è stata quella di dotarsi di una struttura multidisciplinare, composta da ricercatori provenienti da diversi settori e con riconosciuta competenza sui temi oggetto dell’indagine.
In particolare, l’approccio costituzionalistico è curato da B.Caravita, P.I. e responsabile di unità (Quanta Europa c’è in Europa, 2015), e R.Miccù (L’omogeneità costituzionale nell’Unione europea, 2003), studiosi di diritto pubblico che hanno dedicato gran parte dei loro recenti lavori ai temi dell’integrazione europea. La competenza in termini tecnici di diritto europeo è garantita da C.Curti Gialdino, esperto di diritto dell’UE e in particolare della giurisprudenza della Corte di giustizia (autore, tra l’altro, di un noto Commentario a TUE e TFUE edito nel 2012). Come detto, la scelta dell’unità romana è quella di un approccio multidisciplinare. Lo studio dei valori fondanti dell’Unione non può infatti prescindere dal contributo della filosofia politica, assicurato da A.M.Petroni (La nuova UE e il federalismo competitivo, 2005), mentre la valutazione dei livelli di omogeneità costituzionale e giuridica deve tener conto di aspetti legati alle procedure amministrative, curati da M.A.Sandulli e M.Sinisi; di aspetti fiscali ed economici, curati da P.Selicato e da D.R.Siclari; delle norme destinate ad imprese e lavoratori, affrontate da D.U.Santosuosso e P.Bozzao. Si prevede il reclutamento di un RTD che lavori sul livello di omogeneità negli Stati membri. 

3. L’unità di Bologna intende ricostruire le competenze di rilievo economico a vocazione sovranazionale e porre le basi affinché allo sviluppo di un’economia comune segua una protezione sociale europea, nell’ottica di formulare concrete proposte di modifica ai Trattati europei.
Tali fini sono complementari con il lavoro delle altre unità e saranno perseguiti grazie a ricercatori altamente specializzati sui temi oggetto dell’indagine. Una specifica competenza nello studio del governo dell’economia è garantita dal responsabile dell’Unità E.Raffiotta, autore di varie pubblicazioni in tema (tra le quali Il governo multilivello dell’economia. Studio sulle trasformazioni dello Stato costituzionale in Europa, 2013); nello stesso ambito l’approccio di tipo costituzionalistico è fornito da studiosi quali A.Morrone (tra gli altri, Teologia economica v. Teologia politica? Appunti su sovranità dello Stato e «diritto costituzionale globale», 2012) e L.Cassetti, esperta di economia e diritti (tra cui Stabilità economica e diritti fondamentali. L'Euro e la disciplina costituzionale dell'economia, 2002).
Sui temi dei diritti e della protezione sociale l’unità ha scelto di avvalersi di studiosi quali D.Tega (I diritti in crisi. Tra corti nazionali e Corte di Strasburgo, 2012) e C.Bologna (Il caso Sebelius sulla riforma sanitaria, 2013).
Gli aspetti istituzionali legati alla governance economica e sociale saranno curati sotto il profilo costituzionalistico da S.Baroncelli (La Banca centrale europea: profili giuridici e istituzionali, 2000) e sotto il profilo di diritto europeo da G.Di Federico (L'identità nazionale degli stati membri nel diritto dell'Unione europea, 2017). Le implicazioni dell’equilibrio di bilancio con riferimento ai diritti saranno affrontati da T.Giupponi (L'equilibrio di bilancio in Italia, tra stato costituzionale e integrazione europea, 2015) e C.Caruso (La giustiziabilità dell'equilibro di bilancio, 2016). Temi economici non possono essere affrontati senza il supporto di economisti: G.Antonelli (tra i molti, di recente, Inequality in income and wealth distribution, globalization and models of capitalism, 2017) e R.Leoncini (Innovation and inequality, 2018), entrambi esperti di sviluppo economico e protezione sociale. È previsto il reclutamento di tre assegnisti che si occupino di: studiare modelli di protezione sociale nazionali che possano essere esportati in UE; studiare le competenze di rilievo economico a vocazione sovranazionale; ricostruire la giurisprudenza europea e degli Stati su competenze economiche e protezione sociale.

4. L’unità di Torino contribuirà riflettendo sulla dimensione territoriale. Poiché tale dimensione sta assumendo contenuti sempre più de-materializzati, suo specifico compito sarà apportare competenze multidisciplinari per definire i contenuti dello spazio europeo, inteso nella sua dimensione di luogo storico di relazioni all’interno di una comunità su di esso insediata. La definizione del concetto di territorio richiederà competenze giuridiche, rispetto alle quali interverranno, con la responsabile di unità, A.Poggi, costituzionalista e regionalista che da sempre si occupa di territorio (Brexit e lo Stato sociale, 2017; Il sistema ‘instabile’ delle autonomie locali, 2007), I.Massa Pinto (Il principio di sussidiarietà. Profili storici e costituzionali, 2003), C.Bertolino (Il principio di leale collaborazione nel policentrismo del sistema costituzionale italiano, 2007) e F.Fabrizzi (La Provincia. Analisi dell’ente locale più discusso, 2012), attente a tematiche connesse ai territori, quali la rappresentanza e i principi di sussidiarietà e leale collaborazione in ambito nazionale ed europeo.
Si farà inoltre affidamento su competenze giuscomparatistiche e sociologiche, apportate da T.Cerruti (L’Unione europea alla ricerca dei propri confini. I criteri politici di adesione e il ruolo dei nuovi Stati membri, 2010), A.Mastromarino (Il federalismo disaggregativo. Un percorso costituzionale nello Stato multinazionale, 2010), E.Palici Di Suni (Intorno alle minoranze, 2002), D.E.Tosi (Diritto alla lingua in Europa, 2017), R.Scalon (Chiese cristiane e integrazione europea, 2008), attraverso le quali si valuterà l’impatto dei fattori religiosi, linguistici, identitari ed economici. Per altro verso, il territorio e la territorialità stanno rivelando potenzialità ancora inespresse e implicazioni sociali su cui si intende riflettere attraverso l’apporto di sociologi e politologi, quali M.Belluati (Meno Europa, altra Europa. La definizione dell’Europa in un frame controverso, 2015) e R.Scalon. L’unità prevede il reclutamento di giovani assegnisti che si occupino di indagini specifiche rispetto alle spinte centrifughe e secessioniste, tanto nell’UE quanto negli Stati.

5. L’Unità di Milano si propone di concentrare l’indagine sull’evoluzione delle istituzioni dell’Unione europea attraverso il contributo di studiosi di diverse discipline. Il capo Unità, M.Condinanzi, vanta un’esperienza diretta con il mondo delle istituzioni che proviene dal suo attuale incarico di Coordinatore della struttura di Missione per le infrazioni presso il Dip. delle Politiche Europee, oltre che dall’attività svolta come referendario presso la Corte di giustizia. Anche C.Amalfitano e F.Rossi Dal Pozzo (associati di diritto UE) cureranno tali aspetti, con profonda attenzione alle recenti riforme ed evoluzioni istituzionali. M. Condinanzi e C.Amalfitano, insieme al dott. Iannuccelli, referendario presso la Cdg, hanno recentemente curato la pubblicazione del Commentario Le regole del processo dinanzi al giudice dell’Unione europea, ove è ampiamente analizzata la riforma della Cdg. Nella ricerca sarà fondamentale il contributo C.Sanna e A.Di Pascale, esperte di cittadinanza e migrazioni, per verificare l’impatto degli interventi sulla circolazione delle persone, necessari anche alla luce di Brexit. G.Peroni (La crisi dell’Euro: limiti e rimedi dell’Unione economica e monetaria, 2012), internazionalista, si occuperà dei temi connessi alla BCE e dell’evoluzione della politica monetaria. L’analisi di tali temi si avvarrà dell’approccio da economista di F.Arnaboldi, che vanta diverse pubblicazioni in tema di unione bancaria. Z.Crespi Reghizzi offrirà la prospettiva di diritto internazionale privato; una lettura delle possibili riforme attraverso un approccio costituzionalistico sarà fornita da G.Salerno, esperto di istituzioni e forme di governo. Giovani studiosi saranno infine reclutati per vagliare i piani di sviluppo di possibili interventi di riforma delle istituzioni europee.

POTENZIALITA' APPLICATIVE E IMPATTO DEL PROGETTO

L'Unione europea è ormai una grande costruzione istituzionale, caratterizzata da una sua logica di funzionamento, che non è più di tipo internazionale, ma non è certo - né mai lo sarà - di tipo statuale, assimilabile - si è detto - a quella delle Unioni federali. Secondo i partecipanti a questo progetto di ricerca, in Europa, in verità, c’è molta Europa, molta di più di quanta ne immaginiamo: l’Europa “reale” è diversa, più profonda, più presente dell’Europa “percepita”, ed è fondata sia sulla condivisione delle tradizioni costituzionali di ciascuno Stato che insieme hanno dato vita ad una nuova sfera di valori comuni che oggi caratterizzano l’Unione nel suo complesso e gli Stati che la compongono, sia sull’amplissima quantità di normativa comune, efficace in tutti gli Stati membri ed uniformemente interpretata dalla Corte di giustizi. Ma - paradossalmente - mentre la legittimazione di tipo giuridico-istituzionale è andata progressivamente avanzando, quella di tipo politico si è fermata, fino ad arretrare, lasciando emergere aree di disaffezione, di dissenso, di contrarietà al progetto europeo. Siamo rimasti “tutti senza bussola”, come efficacemente sostenuto da Ulrich Beck nel suo recente libro, ovvero siamo di fronte a quella “crisi esistenziale” dell’Europa di cui parla Edgar Morin.
I risultati attesi dalla ricerca intendono realizzare un significativo e concreto avanzamento della conoscenza in merito al fenomeno dell’integrazione europea. Essi consentiranno infatti da una parte di fare il punto su alcuni passaggi cruciali che hanno permesso la realizzazione dell’Unione europea quale oggi la conosciamo, chiarendo alcuni equivoci di fondo circa la sua natura, i suoi scopi e le sue prospettive. Dall’altra i risultati della ricerca costituiranno una base per poter ragionare su tutte le ipotesi di riforma dell’ordinamento europeo nei suoi ambiti più importanti: quello istituzionale, dove è necessario colmare una volta per tutte ogni ipotetico vuoto di efficienza e di legittimazione democratica del sistema; quello delle politiche economiche e sociali, dove è necessario chiarire definitivamente il ruolo propulsivo dell’Unione in direzione tanto della competitività dei suoi agenti economici quanto della protezione sociale dei suoi cittadini; quello del ruolo dei territori, che possano recuperare un ruolo concreto e partecipativo nella definizione di politiche comuni che ne consentano una reale valorizzazione, in ottica di un rinnovato coinvolgimento e inserimento nella dialettica tra Unione e Stati membri, anche nell’ottica della gestione di processi nei quali sono assoluti protagonisti, come i fenomeni migratori.
Si intende dunque ragionare sulle possibili direzioni che potrà prendere il processo di integrazione europea, formulando proposte operative funzionanti, e fornendo al contempo al resto della comunità scientifica e agli attori politici una concreta base di partenza per le loro riflessioni.
Per realizzare tali obiettivi si porrà particolare attenzione alla diffusione dei risultati della ricerca, sia nei suoi step intermedi che nei suoi prodotti finali. Lo si farà attraverso i canali classici della diffusione e della discussione scientifica: pubblicazione di volumi e organizzazione di convegni e seminari, sia da parte di ciascuna unità sia di razionalizzazione complessiva del lavoro svolto. Lo si farà però anche attraverso canali sperimentali, come la creazione di piattaforme e spazi web di raccolta e diffusione di dati e risultati che consentano un aggiornamento costante dello stato dei lavori, fruibile gratuitamente da parte di tutta la comunità scientifica e degli interessati. Sarà decisiva in tal senso la collaborazione con la Rivista federalismi.it, da sempre particolarmente attenta ai temi dell’integrazione europea (negli ultimi anni ha affrontato in particolare i temi dell’omogeneizzazione normativa negli Stati membri e ha realizzato una call for papers sui valori comuni dell’Unione europea), e che di recente ha dato vita ad un “Osservatorio Brexit” che analizza e monitora costantemente il recesso del Regno Unito dall’UE.
Non da ultimo, grazie alla previsione di numerosi contratti, la ricerca prevede il reclutamento ed il coinvolgimento di giovani ricercatori che avranno la possibilità di inserirsi nelle unità di lavoro godendo così del confronto con le competenze dei proponenti il progetto e potendo usufruire di un’importante occasione per migliorare e proseguire la propria esperienza accademica.