Come noto, l’esplosione della pandemia in Europa ha innescato una crisi economica improvvisa e senza precedenti nella storia contemporanea del nostro Paese, forse anche più grave di quella cagionata dalla Seconda Guerra Mondiale. Interi comparti del settore produttivo e dei servizi sono stati cancellati e/o immobilizzati per oltre un anno; ne è scaturita una crisi sistemica gravissima dovuta all’alto livello di integrazione delle filiere di cui si compone l’economia moderna, ciò che facilita di per sé fenomeni di concatenazione e di contagio. La prima gravissima urgenza, tuttora in atto, è data dalla grande esigenza di liquidità avvertita da famiglie e soprattutto imprese. Ed è proprio nel quadro di tale emergenza che è da subito maturata, su impulso del nostro Paese, l’idea di predisporre un meccanismo di supporto economico-finanziario a livello europeo, inedito se non straordinario per entità e procedure: un vero e proprio Piano Marshall per l’Europa quale è il Next Generation EU. In questo contesto, l’Italia, come gli altri paesi membri, è stata chiamata a predisporre un documento programmatico, denominato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), da sottoporre alla Commissione europea, nel quale viene indicato nel dettaglio come si intende investire i fondi messi a disposizione dall’Unione Europea.
Da queste primissime notazioni emergono dunque almeno due principi cardine:
- il PNRR e il Recovery sono strumenti innovativi e straordinari;
- in ogni caso, l’erogazione delle misure si incentra su una condizione di base: l’utilizzo delle somme nel quadro di investimenti produttivi per i vari sistemi-Paese.
Il preambolo del PNRR è alquanto chiaro: l’Italia ha subito un impatto della crisi maggiore rispetto agli altri Paesi europei. Ciò a cagione delle risalenti carenze strutturali e infrastrutturali che hanno reso la nostra economia e la nostra società in proporzione ben più fragili rispetto all’evento catastrofale.
Il PNRR è un documento alquanto ricco e complesso poiché, a voler utilizzare una felice espressione di Sabino Cassese, si pone l’ambizioso obiettivo di ridisegnare una nuova costituzione economica, aperta, fra l’altro, alla nuova economia ecosostenibile e alla digitalizzazione. In questo contesto, vale la pena soffermarsi su una delle più importanti riforme strutturali di cui il nostro Paese ha mostrato di avere urgente bisogno: la riforma della giustizia, con particolare riferimento al problema dei tempi della celebrazione dei processi.
Il PNRR individua:
- interventi sull’organizzazione: ufficio del processo;
- riforma del processo civile e Alternative Dispute Resolution (ADR);
- riforma della giustizia tributaria;
- riforma del processo penale;
- riforma dell’Ordinamento giudiziario.
L’idea di base dell’ufficio del processo, mutuata dall’esperienza anglosassone, è quella di dotare il giudice di una unità di personale qualificato di supporto per agevolarlo nelle attività preparatorie del giudizio: ricerca, studio, gestione del ruolo, preparazione di bozze di provvedimenti.
È poi prevista quella che viene definita una riforma del processo civile che si articola lungo tre direttrici: rafforzamento degli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie, c.d. ADR (Alternative dispute resolution); “migliorie” al processo ordinario di cognizione; interventi più radicali sul processo esecutivo e sui procedimenti speciali.
In tutti i tre casi, si stima che le leggi delega possano essere adottate entro settembre 2021 e i decreti attuativi approvati entro settembre 2022. L’impatto sulla durata dei procedimenti potrebbe verosimilmente stimarsi alla fine del 2024.
Come si vede, non si tratta tanto di una riforma organica dell’impianto del codice di rito, quanto piuttosto di interventi più settoriali e, per certi versi, meno ambiziosi, ancorché sulla loro efficacia si misurerà il successo di una parte cruciale del PNRR.
Quanto agli ADR, si intende: rafforzare le garanzie di imparzialità, per quello che concerne l’arbitrato; estendere l’ambito di applicazione della negoziazione assistita; garantire una migliore e più estesa applicabilità dell’istituto della mediazione. Si ritiene che all’espandersi degli ADR debba idealmente corrispondere un effetto deflattivo e di contrazione del contenzioso ordinario.
Quanto al processo ordinario di cognizione, gli obiettivi perseguiti sono:
- maggiore concentrazione delle attività tipiche della fase introduttiva;
- soppressione delle udienze che la prassi ha rivelato essere per lo più superflue, incremento delle udienze a trattazione scritta e riduzione dei casi nei quali il tribunale è chiamato a giudicare in composizione collegiale;
- maggior ridefinizione della fase decisoria, con riferimento a tutti i gradi di giudizio.
Maggiori aspettative sono riposte nella riforma del processo esecutivo e nei c.d. riti speciali. Il confronto con altri paesi europei ed extraeuropei sul punto è invero impietoso per l’Italia, giacché il creditore munito di titolo esecutivo riesce a recuperare il proprio credito solo raramente e con tempi obiettivamente inaccettabili in una logica di competizione fra ordinamenti.
Viene così rafforzata la tutela del creditore munito di un titolo esecutivo mediante la semplificazione dei modelli processuali, l’accelerazione dei tempi (l’eliminazione di termini superflui e la più sollecita cadenza delle fasi della vendita forzata conseguente all’espropriazione) e la maggiore effettività.
Si tratta di principi e previsioni astrattamente condivisibili che, peraltro, saranno soggette a possibili modifiche prima di essere definitivamente approvati e implementati. È pertanto prematuro esporre valutazioni di dettaglio. Un dato tuttavia va evidenziato in riferimento al segmento appena esaminato della giustizia civile, soprattutto da parte del giurista italiano. Il codice di rito è stato oggetto di oramai innumerevoli riforme e innesti negli ultimi anni. Tutte queste modifiche si sono caratterizzate per un alto grado di settorialità e specificità che contrasta  con l’idea stessa di codificazione con cui ha familiarità il giurista continentale e alla quale è invece estraneo il common lawyer. Il PNRR certamente non poteva comprendere in sé l’idea di una riforma organica e di una nuova codificazione del diritto processuale civile; tuttavia, il successo delle riforme sarà inevitabilmente connesso al risultato complessivo e, data la grande coerenza sistematica del diritto codificato, è oggi davvero molto complesso stimare in dettaglio tutti gli esiti e le conseguenze che queste riforme potranno produrre sul tessuto sociale ed economico del Paese.