Il rapporto Spiagge 2021 pubblicato da Legambiente ha stimato che, in Italia, oltre il 50% delle aree costiere sabbiose è sottratto alla libera e gratuita fruizione, essendo oggetto di varie forme di concessione. Le attività imprenditoriali che insistono sui litorali generano un volume d’affari che secondo Nomisma raggiunge l’ordine di grandezza dei 15 miliardi di euro, pur essendo versati canoni annui del tutto sproporzionati, complessivamente corrispondenti a circa 100 milioni di euro: la contraddizione numerica è ancor più evidente se si considera che le spiagge interessate dalle concessioni sono di proprietà statale e parte integrante del demanio pubblico ex art. 822 c.c.
L’interpretazione data della celeberrima direttiva Bolkenstein (direttiva n. 123 del 2006) dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza 14 luglio del 2016 (c.d. sentenza Promoimpresa) ha chiarito come le concessioni demaniali marittime, intese come atti di carattere formale, debbano essere qualificate come autorizzazioni alla prestazione di servizi e, per questa ragione, possano essere rilasciate (e rinnovate) esclusivamente in presenza di una procedura di gara aperta a qualsiasi operatore economico, potenzialmente anche a quelli attivi in un altro Stato membro.
Le disposizioni della direttiva Bolkenstein, pertanto, hanno mostrato un’ispirazione complessiva contrastante con quella del quadro giuridico italiano, improntato essenzialmente a favorire stabilità e continuità nella titolarità delle concessioni, escludendo il loro rilascio attraverso procedure concorsuali aperte.
Nonostante fossero già noti gli elementi di frizione fra la disciplina europea della Bolkenstein e l’ordinamento nazionale, anche di recente, il legislatore è intervenuto, disponendo la proroga generalizzata dei rapporti concessori (legge n. 145 del 2018) ed estendendola successivamente a tutte le concessioni demaniali (legge n. 126 del 2020). Con lettera di messa in mora del 3 dicembre 2020, la Commissione Europea ha, tuttavia, aperto una nuova procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, tenendo conto sia delle disposizioni normative dell’ordinamento italiano al centro della sentenza Promoimpresa, sia delle più recenti proroghe.
Sul tema, fra l’altro, si sono pronunciati negli ultimi tempi sia il Consiglio di Stato (sentenze 17 e 18 del 2021) sia di recente la Corte di Cassazione (sentenza n. 15676 del 2022, su cui Burelli), mettendo ulteriormente in dubbio il quadro normativo nazionale.
Anche le Regioni hanno mostrato particolare vicinanza agli interessi economici degli attuali titolari delle concessioni balneari, adottando leggi regionali particolarmente benevole, volte a prorogare la durata delle concessioni, a favorire forme di rinnovo automatico o di riconoscimento di titoli preferenziali. Soltanto pochissime Regioni sono intervenute in senso autenticamente innovativo, garantendo che una parte delle spiagge fosse riservata alla pubblica fruizione (le c.d. spiagge libere) o tenendo conto della necessità di salvaguardare particolari beni di rango costituzionale.
Non a caso, la Corte costituzionale, nella sua ricca giurisprudenza, ha frequentemente rilevato delle violazioni del riparto di competenze legislative ex art. 117 Cost. da parte delle leggi regionali in materia di concessioni balneari, richiamando più volte la competenza legislativa dello Stato in materia di «tutela della concorrenza».
Una possibilità concreta di riforma del sistema delle concessioni demaniali marittime è stata aperta a livello nazionale dal disegno di “Legge annuale per il mercato e la concorrenza” (A.S. 2469) attualmente all’esame della Commissione Industria, Commercio e Turismo del Senato: si tratta di un intervento legislativo di particolare impatto, che potrebbe interessare numerosi settori economici (e non solo), rientrando fra i progetti di riforma annunciati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Il 15 febbraio 2022, il Governo ha approvato una proposta di emendamento al testo originario del disegno di legge sulla concorrenza proprio con riguardo alla disciplina delle concessioni demaniali marittime. L’emendamento ha definito i contenuti di una delega legislativa al Governo per rivedere, a livello complessivo e generale, il quadro normativo in materia di concessioni balneari, fissando regole del tutto nuove in materia di procedure concorsuali di affidamento e criteri per la scelta del concessionario, che permettano di valorizzare esigenze di matrice sanitaria, sociale e ambientale, nonché la partecipazione di piccole imprese ed enti del terzo settore nella presentazione delle domande.
In un primo momento, il Governo è sembrato maggiormente propenso a recepire in toto quanto già disposto dal Consiglio di Stato sulla decadenza delle concessioni attualmente vigenti alla data del 31 dicembre 2023. Tuttavia, pochi giorni fa, sempre su impulso del Governo, sembra aver preso corpo un’altra soluzione (c.d. provvedimento salva-lidi): nell’immediato, entro la scadenza del 31 dicembre 2023, verrebbero messe a bando, secondo nuove modalità e nuovi criteri, esclusivamente le aree demaniali effettivamente libere e disponibili; per quanto riguarda, invece, le concessioni balneari attualmente in essere, dovrebbe essere avviata una mappatura generale prima di procedere all’apertura delle gare, così da garantire ai concessionari un periodo di transizione di qualche anno verso il nuovo regime.
La vexata quaestio delle concessioni demaniali marittime è stata, fra l’altro, affrontata di recente in un volume collettaneo fresco di pubblicazione, Coste e diritti – Alla ricerca di soluzioni per le concessioni balneari, curato da Angela Cossiri. La pubblicazione ha raccolto gli approfondimenti sul tema delle concessioni balneari di numerosi docenti, ricercatori, dottorandi e operatori del diritto, instaurando un dibattito a più voci che ha consentito di approcciare diversi profili dell’argomento e di coglierne appieno la portata. Il full text della pubblicazione è disponibile online in formato open access sul sito delle Edizioni Università di Macerata.
I contributi del volume Coste e diritti offrono una prospettiva completa del quadro giuridico riguardante la materia delle concessioni balneari, approfondendo la disciplina giuridica esistente a partire da quella dell’Unione Europea. Sono poi affrontate le contraddizioni presenti nell’ordinamento giuridico italiano che, come già ricordato, fatica a recepire quanto disposto dalla direttiva Bolkenstein. Come evidenziato nell’opera, dalla giurisprudenza della Corte costituzionale italiana sono emersi indirizzi significativi su come possa essere impostata una legislazione alternativa, di carattere regionale ma anche nazionale, in grado di definire diverse modalità di rilascio delle concessioni balneari che sappiano valorizzare aspetti legati al benessere della persona, al sociale, alla tutela dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico. Nel volume sono approfonditi alcuni modelli virtuosi (in particolar modo per la Regione Lazio e la Comunidad autonoma della Catalogna), in cui il legislatore è intervenuto in senso innovativo, introducendo diverse modalità di pianificazione dell’utilizzo del patrimonio costiero e garantendo in senso maggiormente incisivo la fruizione collettiva delle spiagge.
Questo volume, pertanto, può offrire alcuni spunti interessanti per la riforma che il Governo è in procinto di predisporre. Gli stessi autori si sono interrogati sulle possibili prospettive di riforma della materia delle concessioni demaniali. È stato evidenziato come sia necessario immaginare una riforma che consenta di declinare nel senso migliore possibile la direttiva Bolkenstein nell’ordinamento giuridico nazionale, garantendo la fruizione collettiva di una componente importante dei beni del demanio marittimo: un intervento legislativo in tal senso, effettivamente adeguato, dovrebbe tenere in considerazione i vari beni costituzionali in gioco (di carattere economico e sociale, privato e collettivo) così come la natura giuridica dei litorali, proprietà demaniale, permettendo di raggiungere un punto d’equilibrio ottimale fra gli interessi coinvolti.
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