Quella avvenuta a Cutro è la seconda strage per numero di morti registrate dopo quella di Lampedusa del 3 ottobre 2013, in cui morirono 368 migranti. Morti “registrate” perché nella realtà, secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, sono circa 26mila le persone migranti disperse nel Mediterraneo dal 2014 ad oggi. Un numero esorbitante, che suggerisce come molti altri possano essere stati i naufragi alle porte dell’Europa.
Nella gestione dei flussi migratori, la posizione geografica dell’Italia impone un costante coordinamento con l’autorità preposta alla sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione, l’Agenzia europea Frontex. Fondata nel 2004, tale agenzia assiste gli Stati membri nella protezione delle frontiere esterne dello spazio di libera circolazione. Frontex conta circa 1500 funzionari inviati ai confini marittimi, terrestri e aerei dell’Unione; in caso di emergenze ha a disposizione altri funzionari da inviare in tempi brevi e attrezzature supplementari; fornisce navi, aerei e attrezzature di sorveglianza. Le operazioni includono compiti connessi alla sicurezza marittima, alle operazioni di ricerca e soccorso nonché alla protezione dell’ambiente.
Essa si coordina attualmente con il Governo italiano tramite l’Operazione Themis per il controllo delle frontiere, la sorveglianza, la ricerca e il soccorso nel Mediterraneo centrale (le altre operazioni congiunte attive in cui opera Frontex supportano Grecia, Spagna e i Paesi dei Balcani occidentali: Operation Poseidon (Greece), Operations Minerva, Indalo (Spain) e Operations in the Western Balkans). L’operazione Themis è iniziata nel 2018, sostituendo l’operazione Triton, lanciata nel 2014 e con un raggio d’azione operativo entro le 30 miglia dalla costa. L’operazione precedente, Mare Nostrum, si allargava fino alle coste libiche per le operazioni di salvataggio. Themis, invece, ha il raggio di azione di sole 24 miglia dalle coste italiane. La sua area operativa abbraccia teoricamente il Mar Mediterraneo centrale, con lo scopo di monitorare i flussi provenienti da Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Turchia e Albania.
Rispecchiando le esigenze delle autorità italiane, l’operazione ha una significativa componente di “controllo e sicurezza”, comprendendo la raccolta di informazioni e altre misure volte a individuare trafficanti di esseri umani, minacce terroristiche e altre attività criminali che si svolgono a cavallo delle frontiere esterne. In sostanza, l’agenzia Frontex dal 2019 monitora le frontiere esterne dell'Unione Europea, fornendo aggiornamenti e segnalazioni agli Stati membri, alla Commissione europea e ad altre agenzie, senza avere in pratica un autonomo ruolo operativo né potere decisionale.
La vicenda che obbliga con urgenza a riflettere sulle corresponsabilità nel controllo delle frontiere esterne dell’Unione è tristemente nota. La notte tra il 21 e il 22 febbraio 2023 una barca con a bordo quasi 200 persone parte da Cesme, in Turchia. Dopo tre giorni di navigazione viene intercettata da un aereo Frontex che la segnalala alle autorità competenti ai sensi del Regolamento (UE) 2019/1896 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 13 novembre 2019. Frontex lancia una segnalazione al Centro di coordinamento internazionale (ICC), includendo nel messaggio le coordinate, la velocità dell’imbarcazione e alcune informazioni sulle condizioni di navigazione e le possibili persone a bordo e sottocoperta, adempiendo così agli obblighi dell’operazione Themis. Frontex, infatti, è “tenuta a fornire assistenza tecnica e operativa in mare a sostegno delle operazioni di soccorso che possono verificarsi durante le operazioni di sorveglianza delle frontiere”. La stessa Commissaria Ue agli Affari Interni, Ylva Johanssson, interpellata sul naufragio di Cutro in conferenza stampa, ha difeso la posizione di Frontex, che ha segnalato correttamente la barca alle autorità e nondimeno l’ha seguita fino a che il carburante è stato sufficiente a tale scopo.
Il passaggio cruciale, però, sembrerebbe quello in cui Frontex riferisce di una “buona galleggiabilità” della barca. Per tale motivo la Guardia costiera italiana non sarebbe intervenuta con una “missione salvataggio e soccorso” (SAR, dal termine inglese search and rescue): piuttosto è stata coinvolta la Guardia di Finanza con una “operazione di polizia” al fine di fermare un tentativo di immigrazione irregolare. La qualificazione della missione di ricerca è, nei fatti, una valutazione spettante alle autorità nazionali. Secondo le stime, il mare era a forza 4 e la Guardia di Finanza non ha potuto, con i propri mezzi, intervenire nel salvataggio. Circa sei ore dopo la segnalazione di Frontex, la barca è naufragata vicino alle coste del Comune di Cutro.
Per questo evento, la Procura di Crotone ha aperto una indagine che farà il suo corso. Non sarebbe la prima volta in cui il Governo italiano si troverebbe a rispondere di fatti accaduti sulle coste meridionali (ed è prevedibile, purtroppo, che non sarà l’ultima): il caso Open Arms, in cui è indagato per sequestro di persona l’allora Ministro dell’Interno Matteo Salvini, riecheggia nell’immaginario di tutti e, ancora, la vicenda Sea Watch è stata fatta oggetto di un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia circa la legittimità dei controlli su navi che svolgono ricerca e soccorso in mare.
Certo è che l’aperto contrasto all’operato delle ONG impegnate in operazioni di salvataggio nel Mediterraneo, culminato nel d.l. n. 1 del 2023 sulle condizioni per ritenere le attività svolte dalle navi conformi alle convenzioni internazionali e alle norme nazionali di diritto del mare, ha sicuramente grande peso in questa vicenda, se non altro per il fatto che sono meno i mezzi di soccorso in mare (ad oggi l’unica operativa è Ocean Viking, la nave umanitaria della ONG SOS Méditerranée) e, di conseguenza, le operazioni di salvataggio.
Tuttavia, non si può pensare a una totale estraneità ai fatti delle autorità europee, tra cui Frontex, a fronte del coinvolgimento politico e di risorse dell’Unione Europea, che detta rigidamente le linee da seguire in materia di controllo dei flussi migratori.
Già nel 2012 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Hirsi Jamaa and Others v. Italy esprimeva preoccupazione per “la mancanza di chiarezza riguardo alle rispettive responsabilità degli Stati dell'Unione europea e di Frontex e per l'assenza di garanzie adeguate per il rispetto dei diritti fondamentali e delle norme internazionali nel quadro di operazioni congiunte coordinate da tale agenzia” auspicando “che al Parlamento europeo sia affidato il controllo democratico delle attività dell'Agenzia, in particolare per quanto riguarda il rispetto dei diritti fondamentali”.
A ciò si aggiunge la questione, di natura più geopolitica, della esternalizzazione delle frontiere esterne dell’Unione Europea in Libia, attualmente al vaglio della Corte di Strasburgo nel caso S.S. and Others v. Italy (con le considerazioni dell’International Commission of Jurists), in cui è costituita anche UNHCR. Sotto accusa la strategia di delega dei controlli alle frontiere a un Paese terzo (in questo caso, per di più, autore di gravi violazioni dei diritti umani) e la creazione di un sistema di limitazione indiretta delle migrazioni. Per questo si contesta al nostro Paese di aggirare i propri obblighi in materia di diritto internazionale, tra cui quelli previsti dalla CEDU. La decisione, dunque, potrebbe aprire interessanti implicazioni per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali a livello globale e transfrontaliero.
Infine, è di recentissima pubblicazione la decisione del caso J.A. and Others v. Italy, con cui la Corte EDU ha giudicato in violazione degli artt. 3, 4 e 5 CEDU il trattenimento arbitrario di quattro migranti tunisini nell’Hot Spot di Lampedusa, sottoposti a trattamenti inumani e degradanti, e condannato lo Stato italiano al risarcimento del danno. La corte di Strasburgo ha ribadito il divieto di espulsione collettiva di stranieri e l’illeceità dell’allontanamento verso la Tunisia senza debita considerazione della situazione individuale dei richiedenti, sottolineando l’assoluta obbligatorietà degli Stati di rispettare il diritto alla richiesta di protezione internazionale.
Di una cosa si può essere certi: occorre maggiore cooperazione tra le autorità, nazionali ed europee, e una volontà politica che miri a risolvere e prevenire il problema. I flussi migratori fanno parte di quei fenomeni che il diritto non può esimersi dall’affrontare, cercando di considerare l’umanità coinvolta, persone spesso provenienti da Paesi in guerra o interessati da gravissime violazioni di diritti umani, e misurandosi con i diversi fattori in gioco. Se l’Europa vuole essere, come dichiarato nella Relazione annuale del Parlamento Europeo del 18 gennaio 2023, un faro trainante in tema di diritti e democrazia nel mondo, dovrà fare i conti con le responsabilità condivise nella gestione dei flussi migratori nel Mar Mediterraneo centrale e attorno alle frontiere esterne dell’Unione Europea.

 

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