Mentre nell’Unione europea si discute dell’opportunità di rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi ai fini del contenimento dei flussi migratori, anche in considerazione del possibile rinnovo del controverso accordo del 2016 con la Turchia, il 3 giugno 2021 il Parlamento danese ha modificato a larga maggioranza (70 voti favorevoli e 24 contrari) la disciplina sull’immigrazione contenuta nel Forslag til Lov omændring af udlændingeloven og hjmrejseloven. L’art. 2 della legge danese n. 226/2021 prevede, di fatto, l’esternalizzazione delle procedure di asilo in Paesi terzi. In altri termini, chi presenterà domanda di protezione internazionale in Danimarca potrà essere trasferito in un Paese terzo (con il quale la Danimarca dovrà aver previamente stipulato un accordo) affinché la domanda di protezione sia esaminata in quello Stato, ove sarà assicurata protezione in caso di accoglimento ovvero si provvederà all’espulsione in caso di rigetto dell’istanza. Sono previste alcune limitate eccezioni (ad es., nel caso in cui il richiedente necessiti di assistenza sanitaria in Danimarca, oppure abbia già dei familiari sul suolo danese).
La legge subordina la stipula dei suddetti accordi alla condizione «che ciò non sia in contrasto con gli obblighi internazionali della Danimarca».
Le nuove previsioni legislative danesi si inseriscono in un quadro politico nazionale, relativo alla materia migratoria, contraddistinto da un progressivo irrigidimento (il c.d. cambio di paradigma, introdotto da una legge del 2019 ed incentrato sul rimpatrio piuttosto che sull’integrazione) e che ha comportato una riduzione nel numero di richiedenti asilo accolti sul territorio nazionale, anche attraverso l’introduzione nel 2015, nel contesto della c.d. crisi migratoria, di un particolare tipo di permesso temporaneo.
In primavera, la Danimarca ⎼ unico Paese europeo ⎼ ha dichiarato di considerare la Siria, allo stato attuale, un paese terzo sicuro e preannunciato la revoca dello status di protezione ai titolari di tale permesso, suscitando accese reazioni nell’ambito delle istituzioni europee e di diverse organizzazioni, quali Amnesty International e Human Rights Watch, che documentano il permanere dei principali fattori che sono stati motivo di fuga della maggior parte dei rifugiati siriani (persecuzione dei dissidenti politici e oppositori; arresti e detenzioni arbitrari; tortura; coscrizione militare; molestie e discriminazione): circostanza che impedisce un ritorno sicuro per i cittadini siriani che hanno goduto finora della protezione in Danimarca. Inoltre, a luglio, nel caso M.A. c. Danimarca, la Corte EDU ha considerato in contrasto con l’art. 8 CEDU la previsione relativa al sopra detto permesso temporaneo che limita, per almeno tre anni, il diritto al ricongiungimento familiare per i titolari.
Occorre ricordare che la Danimarca beneficia di uno status particolare quanto alla partecipazione allo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia (titolo V, parte terza, TFUE): come statuito nel Protocollo n. 22, essa ha diritto di non partecipare al processo legislativo, con la conseguenza che gli atti che compongono il sistema comune europeo d’asilo non si applicano nel suo ordinamento. Tale posizione, comunque, non solleva la Danimarca dal rispetto degli obblighi internazionali, in primis quelli derivanti dalla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato, di cui fu, peraltro, uno dei primissimi firmatari.

L’approvazione della legge ha destato particolare allarme già durante la sua discussione parlamentare: critiche puntuali sono state espresse dall’UNHCR, mentre alcuni europarlamentari hanno rivolto alla Commissione una interrogazione scritta sulla compatibilità della normativa danese con gli obblighi di protezione internazionale.
UNHCR ed ECRE, inoltre, hanno avanzato un’aperta condanna del sistema danese risultante dalla modifica: la prima ne ha ribadito le gravi ripercussioni sull’intero sistema internazionale di protezione dei rifugiati e la seconda ha definito l’esternalizzazione delle domande di asilo una decisione irresponsabile e priva di solidarietà, in contrasto con l’auspicata cooperazione internazionale tra gli Stati membri delle N.U., richiamata peraltro nel Preambolo della Convenzione.  

In merito alla legge danese e al sistema che ne risulta è possibile svolgere alcune considerazioni. Anzitutto, il dettato normativo si presenta scarno e generico, privo di indicazioni puntuali circa temi fondamentali quali la valutazione dei rischi per i richiedenti trasferiti, le condizioni di accoglienza e le procedure di asilo previste nel Paese terzo, le modalità pratiche dei trasferimenti e l’individuazione dei rimedi efficaci disponibili per gli interessati. Pertanto, tali previsioni dovranno essere puntualmente scrutinate alla stipula degli accordi con i Paesi terzi: sarà necessario verificarne il contenuto e accertare che non violino obblighi internazionali, con particolare riferimento al principio di non respingimento (art. 33, Convenzione di Ginevra). Utili elementi ai fini di una valutazione si rinvengono nella Nota orientativa sugli accordi bilaterali e/o multilaterali di trasferimento dei richiedenti asilo dell’UNHCR. Ma la genericità della norma solleva dubbi sulla possibilità di rimettere alla discrezionalità amministrativa il contenuto dell’accordo, con riguardo anche ad aspetti essenziali.
Bisogna considerare, in ogni caso, che gli Stati devono adempiere ai propri obblighi derivanti dalle norme in materia di protezione internazionale e dei diritti umani secondo buona fede, così come sancito dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. Gli accordi con Paesi terzi devono, pertanto, essere intrapresi in conformità alle norme internazionali in materia di diritti dei rifugiati, allo spirito della cooperazione internazionale e al principio di solidarietà, così come sancito dalla Convenzione di Ginevra e non devono costituire uno strumento finalizzato ad eludere e trasferire le responsabilità internazionali su uno Stato terzo.
In termini più generali sussiste il rischio che l’approvazione della legge danese possa innescare un effetto domino negli altri Paesi, provocando un’erosione dell’intero sistema di protezione. La Commissione europea ha dichiarato che è auspicabile scongiurare tale scenario.
A tal proposito, altri Paesi sembrano intenzionati a seguire il modello danese. A luglio, nel Regno Unito è stata presentata una proposta di legge che modifica il sistema attuale di asilo, prevedendo, tra l’altro, la possibilità di trasferire un richiedente in un Paese terzo sicuro affinché ivi presenti la domanda. A fine giugno, anche gli eurodeputati Charlie Weimers e Emmanouil Fragkos, rappresentanti rispettivamente della Svezia e della Grecia, hanno presentato una proposta di risoluzione con la quale si invitava la Commissione, il Consiglio e il Parlamento europeo a rivedere il nuovo Patto europeo al fine di recepire la possibilità dell’esternalizzazione delle procedure di asilo in Paesi terzi.

È opportuno precisare che quella dell’esternalizzazione rappresenta, per ora, una possibilità, poiché la Danimarca non ha raggiunto alcun accordo con Paesi terzi, presupposto necessario perché il sistema possa realizzarsi. Tuttavia, il governo danese pare intenzionato a procedere in tal senso: si sono già svolti dei colloqui esplorativi, senza risultati, tra il Ministro per l’immigrazione danese e i ministri di vari Paesi del continente africano, quali Egitto, Etiopia e Tunisia; con il Rwanda è stato stipulato un Memorandum d’intesa non vincolante, il cui obiettivo è il rafforzamento  della cooperazione bilaterale in materia di asilo e migrazione tra i due Stati.
Tutti i rilievi critici fin qui sollevati conducono, inevitabilmente, a condividere l’affermazione del Commissario dell’UNHCR sulla necessità di avviare un dialogo con il governo danese, al fine di trovare soluzioni alternative che garantiscano la compatibilità delle politiche di immigrazione con gli obblighi internazionali in materia di asilo, ed evitino la vanificazione del sistema internazionale di protezione instaurato dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e dei principi e valori su cui tale sistema si fonda.