Sono costituzionalmente illegittime le norme che impongono l’automatica trasmissione al figlio del solo cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori, fatto salvo l’accordo per attribuire il cognome di uno di loro soltanto: così la sentenza n. 131 del 2022 della Corte costituzionale, che ha stabilito che l’automatismo che interessa la trasmissione del cognome paterno risulta discriminatorio e lesivo dell’identità del figlio.

Com’è noto, in Italia non è possibile identificare una norma che stabilisce esplicitamente l’obbligatorietà del cognome paterno; la trasmissione di quest’ultimo costituisce piuttosto una “regola radicata nel costume sociale come criterio di tutela dell'unità della famiglia fondata sul matrimonio” (ord. n. 586 del 1988), desumibile dal sistema normativo.

Il caso in esame si presenta peculiare: il Tribunale di Bolzano, infatti, aveva sollevato una questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la disciplina che non consente, di comune accordo tra i genitori, la trasmissione del solo cognome materno. La Corte, tuttavia, con l’ord. n. 18 del 2021, ha rilevato che l’accoglimento della questione non avrebbe risolto la perdurante violazione degli artt. 2-3 Cost. posta in essere dal sistema, in quanto uno dei due genitori (il padre) non avrebbe bisogno dell’accordo per far prevalere il proprio cognome. Ciò ha portato la Corte a sollevare questione di legittimità costituzionale innanzi a sé ai fini dello scrutinio della disciplina che impone l’automatica trasmissione del cognome paterno in mancanza di diverso accordo tra i genitori.

Con la sent. n. 131 del 2022, pertanto, la Corte ha dichiarato fondate entrambe le questioni, stabilendo ai fini della tutela dell’identità del figlio e della realizzazione dell’effettiva eguaglianza tra padre e madre la necessaria automatica trasmissione di entrambi i cognomi dei genitori, in mancanza di un diverso accordo.

Il sistema di trasmissione del cognome è già stato oggetto di un intervento da parte della Consulta: la decisione appena pubblicata, infatti, si pone nel solco del precedente del 2016 (sent. n. 286 del 2016) che dichiarava incostituzionale la regola desumibile dall’ordinamento giuridico secondo la quale non è consentito ai genitori, di comune accordo, trasmettere ai figli anche il cognome materno. A seguito di detta sentenza, una circolare del Ministero dell’Interno (n. 7 del 2017) ha chiarito che “deve ritenersi che le relative novità ordinamentali riguardino unicamente la posposizione di questo al cognome paterno, e non l'anteposizione”.

Il breve comunicato del 27 aprile che ha anticipato la sentenza n. 131 ha avuto sin dai primi minuti dalla sua pubblicazione un’enorme eco. Tra i profili su cui l’opinione pubblica si è interrogata figurano le ricadute pratiche della declaratoria di incostituzionalità, di cui la stessa Corte si dice consapevole negli ultimi capoversi della sentenza; in effetti, al netto della pronuncia, restano scoperti alcuni aspetti relativi all’attribuzione del cognome. A titolo esemplificativo: posto che, in ossequio al principio di eguaglianza, è necessario che i genitori possano trasmettere ciascuno il proprio cognome, da solo o associato a quello dell’altro, quali criteri dovrà seguire il giudice che, secondo il comunicato, dovrà pronunciarsi “in conformità con quanto dispone l’ordinamento giuridico” in caso di disaccordo tra i genitori? Quale criterio seguire nel trasmettere il proprio cognome, per coloro che ne posseggano due a propria volta (come verosimilmente accadrà per le prossime generazioni)?

In attesa di un intervento del legislatore fortemente auspicato dalla Corte a corollario della pronuncia di incostituzionalità, può essere utile uno sguardo, ancorché non esaustivo, alla disciplina dell’attribuzione del cognome ai figli nel panorama europeo.

In moltissimi Paesi viene offerta la possibilità di attribuire ai figli, nati o meno in costanza di matrimonio, il cognome del padre, della madre o quello di entrambi (normalmente con la previsione del limite di due cognomi, elevato a quattro per il Portogallo): così in Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Spagna (dove, com’è noto, il doppio cognome è la regola), Svezia, Ungheria. Alcuni Paesi, peraltro, prevedono la possibilità di attribuire ai figli il cognome coniugale dei genitori (quest’ultimo è il caso di Austria, Danimarca, Finlandia, Germania, Norvegia, Repubblica Ceca, Romania e Svezia).

Alcuni ordinamenti, tuttavia, conservano un meccanismo di attribuzione automatica del cognome di uno dei genitori in alcune circostanze (talvolta in caso di assenza di dichiarazioni relative al cognome da attribuire ai figli, talaltra in caso di disaccordo tra i genitori). Ciò avviene in favore del cognome materno in Austria, Danimarca, Finlandia, Irlanda (quest’ultima solo in casi eccezionali), Norvegia, Olanda e Svezia; in favore, al contrario, del cognome paterno in Grecia, Francia ed Olanda (queste ultime due in caso di riconoscimento contestuale da parte dei genitori).

Quello dell’automatismo a favore di uno solo dei due cognomi, ad ogni modo, non è l’unico metodo di risoluzione delle ipotesi di assenza di dichiarazioni o di disaccordo tra i genitori. In caso di disaccordo sull’ordine in cui deve essere trasmesso il doppio cognome, infatti, alcuni Stati prevedono l’ordine alfabetico, come la Francia ed il Belgio (in quest’ultimo caso è stata dichiarata costituzionalmente illegittima nel 2016 l’automatica precedenza del cognome paterno), mentre altri danno precedenza a quello materno (è il caso della Polonia). Diversamente, la scelta è rimessa, in altri ordinamenti, all’ufficiale dello stato civile ovvero ad un giudice: è il caso della Germania, in cui il Tribunale della famiglia attribuisce ad uno dei genitori la facoltà di scelta sul cognome, del Portogallo, della Repubblica Ceca, della Romania, della Spagna (in cui è stata eliminata con la Ley no. 20 del 2011, in caso di disaccordo, la precedenza al cognome paterno) e dell’Ungheria.

Vi sono peraltro, nel panorama europeo, delle previsioni più o meno fantasiose in tema di attribuzione del cognome. In Svezia, ad esempio, dal 2016 è prevista la possibilità di adottare, al compimento della maggiore età, uno tra i cognomi più diffusi nel Paese, sostituendolo a quello assegnato alla nascita. In Portogallo, la scelta del cognome non si limita alle possibili combinazioni derivanti dai cognomi dei genitori (tradizionalmente, è comune la trasmissione del cognome materno prima di quello paterno, per poi trasmettere quest’ultimo alla generazione successiva): è infatti possibile altresì attribuire il cognome di ascendenti in linea sia materna che paterna, nel massimo di quattro cognomi in totale. In Bulgaria, nonostante l’uso del nome coniugale ovvero del cognome paterno (non è possibile, invece, il doppio cognome) con l’apposizione di un suffisso, è possibile introdurre variazioni dovute a ragioni culturali (ad esempio, la provenienza straniera di uno dei genitori). Una soluzione curiosa, infine, è quella contenuta nell’art. 150, c. 4 del codice civile ungherese: in questo Paese, infatti, non solo i cognomi possono conoscere numerose combinazioni (accompagnate dall’utilizzo dei suffissi), ma è altresì possibile per la madre richiedere all’Autorità di tutela l’attribuzione al figlio del cognome di una persona immaginaria in caso di mancato riconoscimento da parte del padre. La stessa scelta è peraltro attribuita ai figli con padre ignoto che abbiano raggiunto la maggiore età (che abbiano dunque ricevuto il solo cognome materno alla nascita): in questo caso, essi possono richiedere di ottenere il cognome di una persona immaginaria.

Sul tema sono state presentate in Italia, nel corso degli anni, numerose proposte di legge: un tentativo di riforma, peraltro, fu approvato dalla Camera dei Deputati nel 2014, bloccandosi poi in Senato e finendo per decadere. Attualmente, risultano all’esame della Commissione Giustizia del Senato i d.d.l. nn. 170, 286, 2102, 2276 e 2293. I testi, tra le altre disposizioni, prevedono tutti la possibilità di attribuire al figlio il cognome materno, paterno o entrambi, nell’ordine scelto; in caso di mancato accordo tra i genitori, è previsto che al figlio siano attribuiti entrambi i cognomi in ordine alfabetico. Il figlio al quale sia stato attribuito il cognome di entrambi i genitori potrà trasmetterne a sua volta uno a propria scelta.

Non resta che restare in attesa di ulteriori sviluppi. Il breve quadro sopra riportato, del resto, dimostra che le soluzioni possibili sono numerose e che gli aspetti lasciati scoperti dalla pronuncia di incostituzionalità si preannunciano di ardua risoluzione se affidati esclusivamente all’intervento giurisdizionale: una disciplina organica della materia ad opera del legislatore è, dunque, più che mai necessaria.

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