Con sentenza del 22 giugno 2021, la Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE), nella causa C-872/19 P, Venezuela c. Consiglio, è tornata a pronunciarsi sulla questione relativa all’interpretazione dell’art. 263,  comma 4, TFUE, nella misura in cui consente a «qualsiasi persona fisica e giuridica» di proporre un ricorso contro gli «atti adottati nei suoi confronti o che la riguardino direttamente e individualmente e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano alcuna misura di esecuzione».
Come noto, quello relativo alla legittimazione ad agire delle persone fisiche e giuridiche ex art. 263 TFUE è un tema da sempre connotato da particolari criticità, che in assenza di precise disposizioni rinvenibili nel Trattato, ha dato adito a numerose pronunce dei giudici di Lussemburgo, intervenuti a chiarire l’interpretazione e la portata, segnatamente, dei concetti di «atti che la riguardano direttamente e individualmente» e di «atti regolamentari che non comportano alcuna misura di esecuzione» (cfr., tra le molte, sentenze Plaumann e Inuit).
La pronuncia in esame, pur inserendosi pienamente nel solco di tali tematiche, si presenta come del tutto inedita nel panorama giurisprudenziale della Corte di giustizia, dal momento che, per la prima volta, quest’ultima è stata chiamata a pronunciarsi sullo specifico aspetto relativo alla legittimazione ad agire di uno Stato terzo per l’annullamento di un regolamento che introduce misure restrittive nei suoi confronti.
La questione sottoposta ai giudici prende le mosse dal ricorso presentato il 6 febbraio 2018 dalla Repubblica Bolivariana del Venezuela al Tribunale dell’Unione europea (nel prosieguo “il Tribunale”), ai sensi dell’art. 263 TFUE, per l’annullamento del regolamento 2017/2063, del regolamento di esecuzione 2018/1653 e della decisione 2018/1656, nei limiti in cui le disposizioni di tali atti riguardavano la ricorrente.
In particolare, il regolamento 2017/2063, adottato sulla base dell’art. 215 TFUE e della decisione 2017/2074 in considerazione del «continuo deteriorarsi della democrazia, dello Stato di diritto e dei diritti umani» in Venezuela (considerando 1), introduce misure restrittive nei confronti di detto Stato terzo. Rilevanti in tal senso sono soprattutto gli artt. 2, 3, 6 e 7 del regolamento, che stabiliscono un divieto di esportazione per quanto concerne la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di talune attrezzature militari e altre attrezzature in Venezuela. Gli ulteriori atti impugnati, ovverosia il regolamento di esecuzione 2018/1656 e la decisione 2018/1656, sono invece rivolti, rispettivamente, ad attuare il regolamento 2017/2063 e a modificare la decisione 2017/2074.
Il Consiglio, nel procedimento instaurato dinnanzi al Tribunale, ha sollevato un’eccezione di irricevibilità del ricorso ex art. 130, par. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto il Venezuela: i) non avrebbe interesse ad agire; ii) non sarebbe direttamente interessato dalle disposizioni del regolamento 2017/2063; iii) non sarebbe una «persona fisica o giuridica» ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE. Il Tribunale, esaminando (e accogliendo) soltanto il secondo dei tre motivi di irricevibilità eccepiti, con sentenza del 20 settembre 2019 ha respinto il ricorso del Venezuela. Il 28 novembre 2019 il Venezuela ha impugnato la decisione presso la CGUE, deducendo, come unico motivo, l’errore del Tribunale nell’interpretare la condizione stabilita all’art. 263, comma 4, TFUE in base alla quale il ricorrente deve essere direttamente interessato dalla misura oggetto del suo ricorso.
I giudici della Corte hanno ritenuto che, in via preliminare, fosse necessario occuparsi – sollevandola d’ufficio – della singolare questione (non esaminata, invece, dal Tribunale) relativa alla possibilità, o meno, di qualificare il Venezuela come «persona giuridica» ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE. Va rammentato che, secondo costante giurisprudenza, la Corte di giustizia può pronunciarsi d’ufficio sul motivo di ordine pubblico relativo all’inosservanza delle condizioni di ricevibilità previste all’art. 263 TFUE (cfr., da ultimo, sentenza Germania c. Esso Raffinage, punto 101).
La questione relativa all’interpretazione della nozione di «persona giuridica» ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE e alla possibilità di farvi rientrare uno Stato terzo appare la più rilevante ed innovativa tra quelle affrontate nella causa ed è tale, per la soluzione che per la prima volta ne viene prospettata, da rendere inedita l’intera sentenza.
Dopo aver invitato le parti in causa a prendere posizione sul tema – le quali hanno espresso opinioni contrastanti, orientate sia in una direzione che nell’altra (puntualmente esposte nei punti 24-40) – la Corte ha in primo luogo sottolineato che quella di «persona giuridica» di cui all’art. 263, comma 4, TFUE costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione, da interpretare «tenendo conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte» (punto 42). Ciò posto, i giudici hanno rilevato come né dalla formulazione letterale dell’art. 263, comma 4, TFUE, né da altra norma di diritto primario si evince che talune categorie di persone giuridiche non possano avvalersi della facoltà di stare in giudizio dinnanzi ai giudici dell’Unione; pertanto, in linea di principio, nessuna «persona giuridica» dovrebbe essere privata della possibilità di proporre un ricorso in annullamento (punto 43). Da ultimo, sulla base di una interpretazione contestuale e teleologica della norma, la Corte ha sottolineato che l’esistenza di una forma di controllo giurisdizionale effettivo, destinato ad assicurare il rispetto delle disposizioni del diritto dell’Unione, è inerente all’esistenza di uno stato di diritto, valore fondante la stessa Unione europea ai sensi dell’art. 2 TUE. Dunque, ad avviso dei giudici, un’interpretazione dell’art. 263, comma 4, TFUE effettuata alla luce dei principi di effettività del controllo giurisdizionale e dello stato di diritto impone necessariamente di considerare uno Stato terzo come «persona giuridica» dotata di legittimazione ad agire, in presenza, evidentemente, delle altre condizioni poste dalla norma (punti 48-50). Sul punto ci si limita a segnalare le conclusioni dell’avvocato generale Hogan – con le quali la sentenza della Corte si pone pienamente in linea – dove vengono affrontate le diverse problematiche che la questione pone dal punto di vista del diritto internazionale pubblico e che, inevitabilmente, incidono sulla soluzione della stessa (punti 63-72).
Così risolta positivamente la questione relativa alla possibilità di qualificare uno Stato terzo quale «persona giuridica», i giudici della Corte hanno poi proseguito nella loro analisi in relazione all’unico motivo di ricorso dedotto dal Venezuela fondato, come detto, sulla nozione di «direttamente interessato» ex art. 263, comma 4, TFUE. In piena conformità con la propria giurisprudenza, la Corte ha concluso per l’annullamento della sentenza, evidenziando l’errore di diritto commesso dal giudice di prime cure: ad avviso dei giudici della Corte, è del tutto evidente che le disposizioni del regolamento 2017/2063 producano direttamente effetti nei confronti del Venezuela, dal momento che impediscono a detto Stato di procurarsi svariati prodotti e servizi.
Inoltre, in conformità all’art. 61, comma 1, dello Statuto della CGUE, i giudici hanno ritenuto di poter statuire definitivamente sulla ricevibilità del ricorso e respingere il primo motivo di irricevibilità sollevato dal Consiglio, riconoscendo in capo alla ricorrente la sussistenza di un interesse ad agire sul presupposto che l’annullamento delle disposizioni impugnate è di per sé chiaramente idoneo a procurare alla stessa un beneficio e un vantaggio (punto 83).
In conclusione, dopo aver opportunamente sottolineato il mancato esame da parte del Tribunale del secondo criterio cumulativo richiesto affinché la ricorrente possa essere considerata “direttamente interessata” – ossia che le misure controverse non lascino alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati di attuarli (cfr. sentenza Changmao Biochemical Engineering Co. Ltd contro Distillerie Bonollo SpA e a., punto 58) – la Corte ha affermato che nell’applicazione dei divieti non residuano poteri discrezionali né è richiesta alcuna misura di esecuzione, ritenendo pertanto soddisfatto anche tale secondo criterio. Inoltre, la ricorrente, nel caso di specie, non sarebbe tenuta a dimostrare di essere individualmente riguardata dalle disposizioni del regolamento, in quanto lo stesso è qualificabile quale «atto regolamentare» ai sensi dell’art. 263, comma 4, TFUE (punto 92).
All’esito di tale analisi, i giudici della Corte hanno constatato che tutte le condizioni previste dall’art. 263, comma 4, TFUE risultano soddisfatte e, pertanto, il Venezuela è legittimato ad agire per ottenere l’annullamento delle disposizioni controverse; la causa è comunque stata oggetto di rinvio al Tribunale in virtù del fatto che lo stato degli atti non consentiva alla Corte di statuire nel merito.