La forza del programma di risanamento europeo (Next Generation EU) potrà apprezzarsi fin dalle decisioni politiche che l’Italia prenderà nei prossimi mesi. I principali interessati sono nientemeno che i vertici dello Stato italiano: il Governo e il Quirinale.
I destini di entrambi sono legati a doppio filo, specie se si dovesse verificare l’ipotesi, molto sostenuta, di un avvicendamento tra Mario Draghi e Sergio Mattarella. Questa soluzione – comunque non scontata, per la volubilità dei partiti che dovrebbero compierla – avrebbe come conseguenza inevitabile la crisi dell’attuale governo, che si presenta non priva di incognite. Dovrà formarsi, infatti, un’altra maggioranza politica. Quest’ultima potrebbe essere aperta a varianti che presentano gradi di incertezza crescenti, a seconda che ci si muova ancora nel solco dell’attuale maggioranza di unità nazionale, o che si decida di dare vita a una formula politica diversa. Nel primo caso, la soluzione potrebbe essere più o meno facile: ci si potrebbe limitare, ad esempio, a sostituire solo il Presidente del Consiglio dei ministri (magari con uno degli attuali ministri tecnici); o, più problematicamente, a ridisegnare l’intera compagine governativa. Più difficile è immaginare cosa accadrebbe qualora si arrivasse ad una nuova maggioranza: da chi sarà composta? E con quale orizzonte programmatico? Il nuovo governo, poi, sarà un esecutivo elettorale, qualora i partiti dovessero convenire sulla fine anticipata della legislatura? O, invece, si opterà per far nascere un governo che traghetti il Paese fino alla scadenza naturale delle Camere? Sulle decisioni politiche c’è, inoltre, la variabile della legge elettorale. Come si sceglierà il nuovo Parlamento, ridotto nei ranghi a 400 deputati e a 200 senatori? Con la legge vigente (il Rosatellum) o con una nuova formula elettorale (la quinta in trent’anni)?
Altrettanto incerto è lo scenario qualora al Quirinale non venisse eletto Mario Draghi. Rispetto alla precedente, in questa evenienza i dilemmi non riguardano solo l’incognita relativa alla personalità politica prescelta dai partiti per la successione di Sergio Mattarella. Non vanno esclusi anche problemi per il governo in carica. Molto dipenderà dalla maggioranza politica che esprimerà il nuovo Presidente della Repubblica. Se fosse la stessa del governo Draghi, le preoccupazioni sul suo futuro potrebbero ridursi, essendo plausibile una continuità d’azione dell’esecutivo senza particolari conseguenze. Diversamente, se la maggioranza presidenziale non fosse la stessa della maggioranza politica, le prospettive del governo Draghi sarebbero più imprevedibili.
Sia come sia, nell’una come nell’altra delle ipotesi qui immaginate, il destino del prossimo Capo dello stato e quello del governo sono legati indissolubilmente.
È, dunque, a questo punto che entra in scena il NGEU. Possiamo escludere, in breve, che sulle decisioni future, relative al Quirinale e al Governo, non peserà anche la strategia sottesa al recovery europeo? La mia opinione è che il NGEU è un convitato di pietra. Dal successo di questo straordinario strumento di solidarietà sovranazionale dipende davvero il futuro dell’Europa e degli stati membri. E ciò vale soprattutto per l’Italia, considerando le condizioni critiche in cui versa, per le quali siamo, più di altri Paesi, un sorvegliato speciale, non solo delle istituzioni europee e dei mercati internazionali, ma degli stessi italiani, che si aspettano moltissimo dalle riforme finanziate coi fondi europei.
Per raggiungere gli obiettivi del NGEU e dei paralleli piani nazionali di riforme e resilienza (PNRR), è necessario che i governi degli stati membri dimostrino una sicura fede europea e una corrispondente capacità di impiegare efficacemente le risorse stanziate. Nel caso dell’Italia, questa duplice condizione non può riguardare solo il governo pro tempore, ma anche il prossimo Capo dello Stato. Del resto, sulla vocazione europea dell’Italia si sono molto impegnati tutti gli ultimi Presidenti della Repubblica, da Ciampi, a Napolitano, a Mattarella. Oggi il tandem Mattarella-Draghi rappresenta la garanzia per l’Italia e per l’Europa che i progetti collegati al NGEU possano essere credibilmente realizzati. Sarà così anche dopo l’elezione del nuovo Capo dello Stato e, viste le connessioni strette, anche con il governo che reggerà il Paese in quel momento?
Quella di Mario Draghi al Colle più alto appare sotto ogni profilo come la migliore soluzione. Le stesse ragioni che sostengono una tale scelta, però, potrebbero anche consigliare di lasciarlo alla guida di Palazzo Chigi. In tal caso, chi potrebbe essere il candidato ideale per sostituire Mattarella? Proprio i destini incrociati di governo e Quirinale potrebbero convincere i partiti e i protagonisti di questa storia a optare per una strada diversa, che porti ad una soluzione transitoria di compromesso. Quella, cioè, di confermare Sergio Mattarella fino alla fine della legislatura: ciò avrebbe il vantaggio di dare al governo in carica il tempo necessario per rafforzare la messa a punto del recovery nazionale, senza costringerci a rinunciare all’elezione di Mario Draghi al Quirinale, che potrebbe compiere il nuovo Parlamento nel 2023.
Quest’ultima ipotesi presenta, forse, una difficoltà: convincere l’attuale inquilino del Quirinale ad accettare ciò che fino ad oggi ha escluso, ossia la propria rielezione. Ciò nonostante, presenta al momento vantaggi indubbi, non solo per dare al governo Draghi tutto il tempo necessario per mettere in sicurezza il PNRR, ma anche per rafforzare la credibilità del nostro Paese e la guida delle nostre istituzioni nei cruciali anni a venire.